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ORA D’ARIA “Riflessioni Sparse” Paolo Marcacci

Ora d’aria di Paolo Marcacci

Verrebbe voglia di trincerarsi dietro una serie di metafore, per esorcizzare la realtà degli ultimi giorni (ore?), anche perché così il raggiungimento della finale di Coppa Italia da parte della Lazio (con Marchisio co-protagonista) lo faremmo rientrare in una cabalistica serie di episodi che porterebbero alla nemesi del 26 maggio, che il dio del calcio ci deve da tempo. Ma noi siamo scienza, non fantascienza, come diceva il famoso spot, quindi preferiamo la fredda, per quanto è possibile a dei tifosi, analisi del momento, col massimo della trasparenza possibile nonostante le volute di fumo che abbiamo visto anche in conferenza stampa. Chi scrive, questo bisogna ammetterlo nel preambolo, è vittima di un pregiudizio positivo nei confronti del tecnico: chi lo scorso anno seguiva con interesse morboso le gare del Pescara in B, anche per rifarsi gli occhi dopo l’orizzontalità predicata da Luisito, non può che aver brindato la scorsa estate per il ritorno del Maestro, con la maiuscola. Anche se le ombre le intravvedemmo subito, sin dalla conferenza di insediamento sulla panchina: la risposta sul viaggio in Florida previsto in dicembre (chi aveva ragione?), il passaggio sulle questioni arbitrali ed altri momenti in cui già si evidenziò quella che sarebbe divenuta una distonia conclamata tra tecnico e quadri dirigenziali. Perché alla fine scelsero Zeman, che non era una prima scelta? La domanda che sibilava già allora ancora oggi riceve mezze risposte, tra le più disparate, interpretazioni perlopiù. Per fare qualcosa di veramente romanista, parafrasando Moretti; per trovare un antidoto alla noia e all’insipienza del gioco “ammirato” per una stagione intera e offerto dall’unico tecnico che in Italia non ha mai rischiato esoneri; perché quel tecnico ha scelto lui di andarsene altrimenti sarebbe ancora qua. La situazione era particolare, da sabato scorso lo è ancora di più: conferenza di Zeman a Trigoria-risposta di Baldini nella mattinata pre-gara a Bologna-partita tragicomica che poteva essere vinta o persa-conferenza di Sabatini lunedì. Da stendere un toro, infatti molti tifosi vacillano, anche quelli che ne hanno viste di tutti i colori. La permanenza di Zeman non scioglie dubbi e interrogativi, semmai li moltiplica, almeno fino a venerdì sera: chi giocherà in porta? Come risponderanno quei giocatori su cui la piazza sta puntando il dito alla conferma del tecnico? Ci sarà maggior dedizione durante il lavoro settimanale? Si vigilerà di più e meglio sull’applicazione del decalogo disciplinare, sia quello scritto che quello che dovrebbe essere sottinteso? Qualcuno proverà a stringere i denti? Che succede se col Cagliari perdi?  Molti dei cosiddetti zemaniani, categoria alla quale è iscritto chi scrive, come già sottolineato, sono giunti al paradosso di augurarsi l’esonero, piuttosto che la prosecuzione del rapporto in un campo minato, dentro e fuori del terreno di gioco. Un professionista del genere non meriterebbe un supplemento di umiliazioni, quale che sia il giudizio tecnico-tattico che si ha nei suoi confronti. Alimentiamo l’ultima fiammella di speranza circa il fatto che dopo avere toccato il fondo non si debba iniziare a scavare: ci sono di mezzo la restante stagione della Roma e il rispetto che si deve anche a Francesco Totti, la cui corsa infinita giganteggia sullo sfondo dei tanti dubbi e delle amarezze che il tifoso ingoia per il secondo anno di fila ed è già di per sé una risposta, lampante. Poi a giugno ci si augura che qualcuno, magari da lontano, stili finalmente le pagelle, a cominciare da quelle dei dirigenti.

Forza Roma.
Paolo Marcacci 
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