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Roma, Falcao a Trigoria per presentazione docufilm su di lui: “La mia è storia d’amore con squadra e tifo”

“Chiedi chi era Falcao” è il nome del docufilm su Paulo Roberto Falcao che Roma TV trasmetterà giovedì 23 febbraio alle ore 22. In occasione di questo evento, il brasiliano ha parlato a Trigoria del suo rapporto con la città e con il tifo giallorosso:

“Quando penso alla Roma penso alla tifoseria, non dava problemi quando si perdeva, è bello per un giocatore. È un amore tra me e loro, tra loro e me, è una cosa che non sono mai riuscito a capire. Il fatto è fare gol e andare in Curva Sud, un altro è non giocare più da 20 anni. Mi fa un enorme piacere, quello che fai a Roma la gente se lo ricorda, non solo come calciatore. Quello che resta è una storia costruita che secondo me è continua, non è che è cominciata dal 1980 e finita nel 1985, il tempo qui sembra non finire mai“.

Fonte: Roma TV

Durante la conferenza stampa ha parlato anche il dg Mauro Baldissoni:

Falcao e Baldissoni
Falcao e Baldissoni

“Questo sforzo produttivo è da inserire in un contesto più ampio, sappiamo che per altri motivi si era lasciata un po’ andare la linea di continuità di questa squadra ma non c’è futuro senza conoscere il passato. Il legame con i tifosi è sempre stato l’essenza di questa squadra. Il pregio di tutto questo sforzo è avere di nuovo al nostro fianco questi protagonisti. Ero un tifoso bambino quando Falcao arrivò a Roma, avevo in camera un poster di Zico e ho visto gente in fibrillazione che andava a Fiumicino, dicendo che era in arrivo Zico. Il giorno dopo arrivò invece Falcao. C’ero quasi rimasto male, ma sono bastate poche settimane per trasformare la delusione in gioia. Quella era una squadra piena di talento che aveva bisogno di sentirsi importante e forte, l’arrivo di Paulo ha realizzato esattamente questo. Grazie Paulo per le gioie che ci hai dato”.

Conferenza stampa Falcao:

L’amore dei tifosi?
“L’amore non si definisce, quello che sempre mi colpisce è vedere un ragazzo di 20 anni che mi vede e si emoziona. Un conto è chi mi ha visto giocare e vedere vincere lo scudetto, ma veder emozionato un ragazzo che non era nemmeno nato quando giocavo è qualcosa di inspiegabile, che però mi rende felice”.

Sei ricordato per il carisma e per la mentalità che hai portato nel gruppo. Come spiegheresti questo ultimo concetto?
“La Roma aveva già la mentalità vincente, ma era difficile controbattere alla Juve. Io ho sempre detto che non si vince e non si perde prima di aver giocato. Era una squadra che poteva dare di più, doveva solo dimostrare che un giocatore da 5 poteva dare 8. E’ stato questo, forse, il mio contributo, più che quello tecnico. Conti era più tecnico di me, Di Bartolomei tirava più forte di me, Vierchowod più veloce… Abbiamo creato una squadra forte, ho fatto capire che si poteva arrivare a vincere le partite”.

Quanti passi avanti ha fatto la Roma?
“Sicuramente tanti, ora abbiamo una società vera. All’epoca ci allenavamo al Tre Fontane, il risultato si costruiva dentro il campo. Ora si può iniziare a costruire anche fuori. Ora c’è una Roma che non pensa solo al presente ma anche al futuro”.

La grande rivalità con la Juve, 35 anni dopo resta sempre Roma-Juve. Che emozione ti dà questa sfida? E’ ancora politicamente difficile combattere la Juve?
“La Juve di allora era fortissima e lo è anche quella attuale. La vittoria di quegli anni è stata straordinaria: avevano metà Nazionale italiana, erano una squadra forte ma abbiamo fatto un’impresa. Non si potrà mai dire che quella Juve non era forte. Sono felice che la Roma sia a questo punto, bisogna pensare in grande. E bisogna anche che ci sia un nuovo stadio, così la Roma sarebbe ancora più grande. Non voglio entrare nelle polemiche, sarebbe poco serio parlare di qualcosa che non conosco nei dettagli, ma è importante avere uno stadio di proprietà. Sarebbe la ciliegina sulla torta”.

La ‘ragnatela’ di Liedholm, non c’è una linea sottile con il tiki taka di Guardiola visto a Barcellona?
“Difficile fare paragoni ma ricordo che tutte le squadre in Italia marcavano a uomo, Liedholm invece voleva marcare a zona ed era difficile fare cambiamenti. Poi Sacchi ha cambiato qualcosa, faceva la marcatura a zona con il pressing, quando noi non lo facevamo. Liedholm lavorava molto poi sul possesso palla, la nostra era una squadra che sapeva giocare e che ha vinto meno di quello che doveva vincere. Ma non è un discorso limitato solo a quella Roma. Quello che abbiamo lasciato è un riconoscimento che mi fa molto felice”.

Hai avuto la possibilità di fare un trasferimento record all’Inter, che non andò in porto. Colpa del senso di appartenenza con la Roma? Cosa mancò nel mettervi d’accordo con il presidente Viola quando offrì la panchina della Roma?
“Nel ’91 allenavo la nazionale brasiliana, c’era l’accordo con un biennale ma in quella settimana è venuto a mancare il presidente Viola e tutto finì lì. Per l’altra domanda, è tutto spiegato nel film”.

E’ uno dei pochi che è riuscito a suscitare l’amore dei tifosi, come Totti. Che opinione si è fatto del rapporto Totti-Spalletti?
“Difficile farsi un’idea da fuori ma proverò a rispondere. Totti meritava un pallone d’oro, Spalletti sta facendo benissimo. Sono due persone intelligenti, non è una cosa comune. Ma il rapporto mi pare buono, l’importante è che si rispettino. E mi auguro che Totti giochi fino a 50 anni. Quando successe quella questione a febbraio l’avevo invitato a giocare con lo Sport Recife. Avevo la 10 pronta per lui, ma poi ha rinnovato (ride, ndr)”.

Che effetto fa vedere le partite della Roma senza curva?
“E’ brutto, la Curva Sud non era solo all’Olimpico, ci accompagnava dappertutto. Spero che possano tornare, non entro nei dettagli che non conosco, ma i tifosi ci mancano e mi auguro che possano tornare”.

Zico a Udine, Gullit a Milano, Maradona a Napoli e ora lei a Roma…
“Ma vinco, sono stato qui già a gennaio… (ride. ndr)”.

Perché il calcio fa fatica a creare nuovi miti?
“Ma ci sono giocatori straordinari, come nella nostra epoca. Certo, le cose cambiano e bisogna saper lavorare con i giocatori di adesso, oggi c’è internet e gli smartphone, noi avevamo la testa solo alla partita. Fare il calciatore oggi è diverso rispetto ai nostri tempi, ci sono tanti diversi interessi e tante possibilit. Il giocatore più pagato della mia epoca aveva come ingaggio la cifra che un giocatore di oggi prende in una settmana. Ma ci sono giocatori importanti, come Totti, Messi, Ronaldo o Iniesta”.

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