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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

Nainggolan Pjanic
Nainggolan Pjanic

Sin dal fischio d’inizio di Mazzoleni, c’è la consapevolezza che la serata è più adatta a chi predilige la seta e il velluto con cui ci si veste in Europa, invece della tela grezza della nostra Serie A. Si affrontano le due primatiste del possesso palla, reparti di centrocampo da “Lectura Dantis” – siamo pur sempre a Firenze – e pallone che una volta tanto si gode quasi esclusivamente carezze, a cominciare da quelle di Totti, per giudicare la prestazione del quale basterebbero l’assist con cui all’alba del primo tempo inventa, dalla linea mediana, il corridoio sinistro per Ljajic – che serve Gervinho al centro dell’area,per il piattone scellerato dell’ivoriano a botta sicura – e un’esecuzione di destro al volo che per plasticità e correttezza posturale andrebbe utilizzata come spot della Fifa.

Capitolo Ljajic: un mese in crescita, una serata che suggella i progressi: al minuto ventisei, dalla trequarti sinistra, usa il grandangolo per monitorare lo specchio dell’area viola dove, con traiettoria che “…Intender no la può chi non la prova” – siamo sempre a Firenze -, annusa l’inserimento di Nainggolan, che in scivolata anticipa Neto, tutta la curva Fiesole e pure Mister ottanta Euro Matteo Renzi. Belle entrambe, la Roma e la Viola, con i giallorossi più efficaci nelle verticalizzazioni e meglio protetti da De Rossi davanti alla difesa, e i gigliati più compiaciuti di se stessi nel far circolare palla in orizzontale. Una delle poche cose da campionato italiano sono le rimostranze, non giustificate, per un presunto mani di Totti su punizione di Ilicic: in realtà il Capitano ha il braccio incollato al busto e non aumenta di un millimetro l’estensione corporea. È il regolamento, bellezza.

Dopo l’intervallo, si ricomincia da un destro tagliato di Ljajic – ammonito a fine primo tempo – di mezzo esterno, basso e maligno, che sollecita subito i riflessi di Neto. Ispirato, delizioso, decisivo: quando il numero otto giallorosso si muove così, buona camicia a tutti.
Montella butta dentro Matri in luogo di Matos; Dodò è più dentro la partita, in questo nuovo inizio, lo capisce Totti che gli riserva aperture serene come il cielo sopra le cascine. A Mazzoleni comincia a prudere un po’ troppo il cartellino, per una serata che scorre sul filo di confronti leali. Cuadrado cerca troppo la porta, nel suo girare spesso a vuoto: disinnescarlo il più possibile era una delle prime consegne di Garcia. Si fa strada un interrogativo quasi esistenziale: quanto pressa Totti? Sempre di più, soprattutto su Pizarro: padre Prandelli, se ne stia in convento. Gervinho anche, che nel frattempo ha invertito la posizione con Ljajic, elargisce continui recuperi in un crescendo di sacrificio e disciplina tattica. I concittadini di Lorenzo il Magnifico cominciano a spazientirsi, di fronte al ricamare sterile di Borja Valero e compagni; Nainggolan è, goal a parte, un concentrato di proteine a centrocampo: impensabile che Wilmots possa anche soltanto pensare di provare della sua sostanza un Belgio fatto di sottili e delicate ballerine. Al ventesimo, un sinistro velenoso di Dodò dal lato mancino: sempre meglio, come la pagella di Neto che respinge. Comanda la Roma e si capisce da due cose: il potere di dettare ritmi che le sono congeniali e la precisione nei cambi di gioco. Destro di Totti dal corridoio centrale al minuto ventitré della ripresa, ancora Neto felinamente.

Belle tutte e due le squadre, balla solo la Roma. Un giallo anche per Toloi, causato dalle malizie di un Cuadrado nervoso. Ne scaturisce una punizione con traiettoria a rientrare sulla quale pericolosamente impatta Savic: pericolo.
Ultimi venti: apnea viola, non sempre lucida; contenimento della Roma che tiene palla il più possibile e aspetta il varco giusto. Nainggolan continua a raddoppiare anche se stesso, Maicon digrigna i denti. Ultimo quarto: fuori Totti, spazio al dinamismo di Florenzi. All’estero uno come il Capitano lo applaudirebbe ogni stadio avversario, il pubblico di Firenze meriterebbe invece la cacciata dall’UE. Bastos per Ljajic, altri fischi, stavolta rancorosi per i precedenti che ben conosciamo. La migliore in giallorosso, probabilmente, per lui fino a questo momento. Un proposito di permanenza in maglia giallorossa: le urla di Garcia in allenamento cominciano a far sentire l’eco in partita. Nel frattempo si congeda un Aquilani malinconico, spolpato da Nainggolan.
Nel finale il calo di Dodò, ammonito, si traduce con l’avvicendamento cautelativo con Torosidis; voto alto però, per il brasiliano, anche – udite udite – per la fase difensiva. Quasi quasi ci scappa pure il bis di Nainggolan al minuto quarantatré, con percussione per vie centrali e diagonale fuori misura; segno che la Roma non cala e non si distrae, nonostante i viola continuino a provarci dalla distanza, come con Savic, uno degli ultimi ad arrendersi. Quattro di recupero, Tomovic potrebbe far malissimo a Pjanic: un giallo quasi arancione, quello del suo cartellino.

Finirebbe con la Roma in avanti e con la palpebra a mezz’asta di Vincenzino Montella – quella resta, comunque -, se non fosse per un’ultima fiammata viola sulla forza dei nervi. Arrivano tre fischi, tre punti, la Champions matematica dalla porta principale…Che altro? Ah, già: Buona Pasqua.

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