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GAZZETTA DELLO SPORT Borriello gol: 10^ vittoria, mai visto!

Borriello

(R. Palombo) – Ora è tutto suo. Dieci vittorie di seguito. Mai nessuno nella storia del calcio italiano aveva cominciato così. Roma forza dieci. O, se preferite, Roma 30 (punti) e lode. Ma quanta fatica per battere il Chievo fanalino di coda, giunto alla sesta sconfitta consecutiva. Decide un magistrale colpo di testa di Borriello, in gol con la Roma dopo due anni e mezzo, su assist (come allora) del subentrato Florenzi a metà del secondo tempo, e con questa è la settima volta che la Roma dei record risolve le sue partite nella ripresa. Dentro questo gol c’è la storia di tutto il match: perché a segnarlo è uno che nemmeno doveva fare parte della rosa di quest’anno, un vecchio campione che ha avuto l’umiltà di rimettersi in gioco e la fortuna di incontrare un tipo come Rudi Garcia, fine psicologo e motivatore. La notte delle figure di secondo piano, che scaccia quella delle streghe di Halloween che grava a lungo sull’Olimpico, è riservata a Florenzi, piccolo grande uomo cui Garcia (sbagliando, succede anche a lui) concede un turno di sosta ai box, salvo ripensarci quando dopo un’ora è chiaro a tutti che la Roma potrebbe fare la fine del Napoli col Sassuolo alla quinta giornata (11 al San Paolo, primo punto degli emiliani in campionato). Florenzi sostituisce l’inutile Marquinho e dà alla Roma il cambio di marcia necessario. La Roma può dunque continuare a contare i suoi record: De Sanctis sale a 681 minuti di imbattibilità, e Pelizzoli dista a questo punto solo di 93. Juventus e Napoli sono ricacciati a meno cinque e il calendario snocciola Torino, Sassuolo, Cagliari e Atalanta, la prima (senza Castan squalificato) e l’ultima fuori casa, le premesse per consolidare la grande fuga ci sono. Tutto in una serata senza Totti, Gervinho, Maicon. Non è poco.

Turnover? Nooo! È un mini turnover, quello della Roma. Maicon è squalificato, ma Balzaretti e Florenzi vengono lasciati in panchina per scelta di Garcia. Con Torosidis e Dodò ai lati di Benatia e Castan è una difesa già vista, con Marquinho davanti insieme a Ljajic e Borriello è invece una prima assoluta, visto che il brasiliano il titolare l’aveva fatto (male) solo a Marassi con la Samp, a fianco di Borriello e Gervinho, e uscito lui sullo 00 era entrato Totti, la Roma e il 20 conclusivo. Qui le cose vanno proprio alla stessa maniera. Il Chievo vale più dell’ultimo posto in classifica e delle cinque sconfitte consecutive che diventano sei e il traballante Sannino meriterebbe ulteriore fiducia. La squadra ha una buona organizzazione di gioco, è corta e nonostante inclini pericolosamente verso Fort Apache, cerca finché ne ha le forze di portare un pressing altissimo sui portatori di palla della Roma. De Rossi è assaltato fin dal limite della propria area e palesa un tangibile disagio. L’unico cui viene concesso spazio è Torosidis, che infatti sarà per lungo tempo con Pjanic l’uomo più importante della Roma, ma i cross dalla linea di fondo, quelli davvero pericolosi, si vedranno solo nei primi minuti e quando entra Florenzi.

La svolta Borriello, costretto in spazi stretti a giocare sempre spalle alla porta, non viene aiutato da Marquinho, che dovrebbe tagliare dall’esterno e invece staziona per lo più al centro, aumentando traffico e confusione. Ci vorrebbe il cambio di passo di un Ljajic ma il giovanotto è in una di quelle serate da mangiapalloni, anche se nella ripresa migliorerà. Ci vorrebbero, soprattutto, l’ultimo passaggio di Totti e la velocità di Gervinho. Garcia decide che può bastare dopo un’ora: fuori Marquinho e poi Dodò, troppo lezioso per il carattere di questa Roma, dentro Florenzi e Balzaretti e ciao turnover. La Roma ha già effettuato quel cambio di ritmo che ha reso celebri i suoi secondi tempi, e il Chievo, come già l’Udinese domenica, perdemetri perché il pressing alto costa energie supplementari. Dainelli e Rigoni, i più bravi, cercano di tenersi lucidi, ma più cinica e concreta è la Roma, che non si fa cogliere dall’ansia e continua a lavorar palloni ritrovando anche la profondità. Arriva così il golliberazione, ed è curioso constatare che quel colpo di testa sarà uno dei tre soli tiri (Strootman prima e Ljajic poi) che i giallorossi indirizzeranno nello specchio della porta di Puggioni. Il finale è in controllo, con l’arbitro Peruzzo che perde un po’ il filo del discorso e non mostra a Dainelli un secondo giallo. Dopo il «muro» del Chievo, quello eretto da Benatia, Castan e De Rossi davanti a De Sanctis (una sola parata), è invalicabile. Il gran finale stavolta non al Gilda, ma dentro il ventre dell’Olimpico, per cenare tutti insieme ed evitare tentazioni notturne, visto che domenica è di nuovo campionato. Il sergente Garcia (ma non quello di Zorro) ordina, la truppa ubbidisce.

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