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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

Benatia

Il paradosso è che quando tutto è così bello viene voglia di guardare gli altri, perché la Juventus è pur sempre umana al di là dei punteggi e il Napoli è divertente, organizzato e non certo antipatico a chi ha il fischietto in bocca e non sempre lo usa quando dovrebbe.
Si ma nel frattempo all’Olimpico? È già accaduto tutto, come il copione certamente prevedeva ma con il quid dell’estetica e di una facilità che rende superflua la consultazione del cronometro.

Gasperini è uno che sa preparare le partite, a partire da un dato di saggezza: la consapevolezza dei propri limiti. Quindi, l’unica arma spendibile oggi era la densità a centrocampo, tatuaggi di Matuzalem – finché Calvarese lo sopporta – compresi. Come si chiamava Pelé in “Fuga per la vittoria”? Ramirez? No, Florenzi o, almeno, da oggi è così e noi invidiamo Manfredini e compagni per esserselo goduto direttamente dalla stessa zolla, o quasi. Gesto atletico, tecnico ma anche emotivo: l’attimo colto quando si decide di capovolgere il mondo, di guardarlo a testa all’ingiù senza farsi andare il sangue al cervello; anzi: facendolo venire a uno stadio incredulo baciato da tanta grazia. Si torna bambini, di fronte a una rovesciata, il calcio diventa cartone animato e fa stropicciare gli occhi anche a chi non lo sopporta. Florenzi nell’esultare è altro da sé, come se si fosse visto dall’alto e non fosse riuscito a riconoscersi.

Il resto è velluto di una Roma in livrea, bella e comoda, con Gervinho che è un levriero a volte impazzito sguinzagliato da Totti che governa il flipper e ritrova il buco della serratura dentro casa sua, dove aveva quasi perso l’abitudine. Intanto a Cagliari lo spagnolo tra i pali sembra più un prosciutto che un portiere e a Verona Insigne e compagni fanno apparire lussuosi i contropiede più vecchi del mondo, ma sono dettagli, che si sciolgono davanti all’applauso finale dell’Olimpico che ritrova subito la sua squadra, senza averla mai persa. Il cammino è lungo e faticoso, ma abbiamo le scarpe più belle di tutti.

Paolo Marcacci

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