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REPUBBLICA.IT La battaglia perduta dell’antirazzismo. Gli ultras rivendicano il diritto di insultare. E il calcio glielo concede…

 

Stadio Olimpico

(F. Bocca) – Avevamo chiuso l’ultima giornata di campionato con i cori razzisti o “territorialmente discriminanti” che salivano dalle curve dei nostri stadi. Ritorniamo al campionato e ritroviamo gli stessi cori, particolarmente diretti verso i napoletani. Inutile ripetere quali, sempre quelli, sempre gli stessi.
E’ successo durante Roma-Napoli, è successo in maniera addirittura eclatante durante Milan-Udinese. Entrambe le squadre hanno avuto le curve chiude per i cori, la sanzione del Milan, più grave (totale chiusura di San Siro) è attualmente sospesa. E ciò nonostante i curvaroli ci hanno rifatto, a testimonianza che quella loro è proprio una sfida alle istituzioni. Rivendicano la libertà d’insulto, e se è razzista amen.
Nel frattempo si è messo mano alla norma che molto disturbava i manovratori, alleggerendola, diluendola e di fatto togliendo alle offese di “discriminazione territoriale” il connotato di razzismo. Pur essendolo in tutta evidenza. Vedremo a quale piega del regolamento si attaccheranno per non chiudere gli stadi come, a volte, si dovrebbe. E se per chiuderli bisogna purtroppo fare un torto anche a chi allo stadio si è comportato in maniera civile, non ha insultato nessuno, rimediare sarebbe molto facile: obbligo cioè di rimborsare gli abbonati degli altri settori. Del resto capisco che per una società sia difficile riempire il suo stadio di gente civile al 100%, ma il problema è suo e non può essere scaricato a piacere.
La ripetizione costante dei cori razzisti è la resa ufficiale del calcio di fronte all’inciviltà delle sue curve e dei suoi tifosi. Una sconfitta totale, la liberalizzazione dell’insulto. In una perfida logica machiavellica che anche gli incivili sono clienti, ciò che non si può proibire viene consentito. Purtroppo.

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