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CORRIERE DELLA SERA Il tifo giallorosso porta un pallone per la pace a Gerusalemme

Tifosi Roma

(L. Valdiserri) – Non può essere un pallone ad arrivare dove non è riuscita la politica, ma di sicuro anche un piccolo passo verso la pace è qualcosa di molto importante. Il Roma Club Gerusalemme, fondato nel 1998 da un gruppo di italiani residenti in Israele e affiliato all’Associazione Italiana Roma Club (AIRC), ha provato a unire il tifo a un’attività sociale resa perfettamente dal loro motto: sport senza frontiere. Parte dell’attività, infatti, impegna in una scuola calcio bambini di tutte le religioni (ebraica, musulmana, cristiana, drusa..) che si possono trovare in quel crogiuolo che è la città santa. I fondatori sono ebrei, ma lo sforzo per non chiudersi in se stessi ma aprirsi alla realtà israeliana e al mondo è stato costante.

Il club è nato nel 1998 e, dopo una serie di alti e bassi, esattamente come capita a una squadra di calcio, negli ultimi tempi ha ripreso vigore. Il cuore è il presidente Fabio Sonnino, un uomo coraggioso che ha affrontato con il sorriso una sfida difficile come la tetraparesi spastica (che ha raccontato con un ironico doppio senso nel libro «Il contorSionista »), il cervello è il vicepresidente e segretario Samuele Giannetti che proprio in questi giorni ha organizzato il sesto torneo di calcetto tra italiani a Gerusalemme.

Il fiore all’occhiello è la scuola calcio giovanile, dove giocano bambini divisi in fasce d’età: italiani, israeliani, palestinesi, ebrei, musulmani e cristiani. Sono stati «allenati» anche dal c.t. Cesare Prandelli quando si è recato per un viaggio privato in Israele. I tornei di calcetto sono organizzati con l’aiuto del Consolato generale d’Italia e dal Centro Peres per la Pace. “Non nascondiamo—dicono — che il nostro sogno sarebbe quello di poter veder giocare qui la Roma. Questa è per noi la Terra Promessa e chissà se un giorno questo sogno si avvererà”. Non è sempre facile far convivere le etnie diverse, ma la cosa peggiore sarebbe arrendersi e non provarci.

Scherzando, Fabio e Samuele raccontano un esempio di integrazione: “Abbiamo fatto giocare nella squadra dei “grandi” un tifoso della Lazio. Noi riconosciamo che è fortissimo, ma lui accetta di vestire la maglia della Roma”. Gerusalemme ha una squadra, il Beitar, con uno zoccolo duro di tifosi integralisti: non vogliono arabi in squadra e hanno abbandonato lo stadio quando il presidente Gaydamak ha acquistato due giocatori ceceni di religione musulmana e uno di loro ha segnato un gol contro il Maccabi Netanya. Per questo è così importante mostrare che può esistere anche un calcio «senza frontiere». 

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