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IL ROMANISTA Il futuro è adesso, quindi Andreazzoli

Aurelio Andreazzoli

(L. Pelosi) – Non è più il momento di pensare al passato, a Zeman. Anche se sicuramente non poteva essere l’unico colpevole di ciò che era diventata la Roma. Anche se fa sorridere rileggere la dichiarazione di Aurelio Andreazzoli quando divenne tecnico dell’Aglianese: «Il modulo che preferisco è il 4-3-3» disse il 17 dicembre 1999 a “Il Tirreno”. Anche se… basta, non è il momento di pensare al passato. Ma non è neanche il momento di pensare al futuro.

Sono i giorni in cui gli inglesi scrivono che arriva Roberto Mancini, e siccome la notizia viene dall’estero ha sempre una certa aurea di credibilità superiore, chissà perché. Le agenzie di scommesse dicono di puntare su Mazzarri. Come al solito, spunta sempre il nome di Carlo Ancelotti, che guadagna uno sproposito (ragionamento che vale anche per Mancini), e rimbalzano ogni tanto quelli di Blanc e Allegri. Altri ne spunteranno, qualcuno magari “postumo”, tipo Pellegrini, che ci ha tenuto a far sapere di aver rifiutato la panchina della Roma (peccato che la Roma non l’abbia mai chiamato).

E attenzione a non fare troppa confusione: prima si legge che Franco Baldini potrebbe non esserci più, poi che tra un anno potrebbe arrivare Prandelli perché ha un grande rapporto con Franco Baldini. Le due cose non possono essere compatibili. La confusione è destinata ad aumentare, ma non all’interno della Roma, dove una decisione verrà presa non prima di maggio/giugno, quando peraltro molte situazioni potrebbero cambiare.

La cosa più importante, però, è che un allenatore la Roma ce l’ha già. E’ Aurelio Andreazzoli. Per quanto riguarda il suo successore, la società sceglierà chi vorrà, quando vorrà. Se lo vorrà. Perché qui non si tratta di denigrare nessuno, né di portare avanti battaglie per chissà chi. Si tratta di vivere il presente, che come concetto matematico, logico e filosofico non esiste perché nel momento in cui arriva smette di essere futuro ed è già passato. Però, molto più semplicemente, il presente è la Roma di Aurelio Andreazzoli. Viene dalla culla del pensiero anarchico italiano, la provincia di Massa Carrara. Dove l’anarchia però non è fare quel che si vuole, ma raggiungere quell’organizzazione con cui rispondere sia ai bisogni individuali sia a quelli collettivi. Perché in fondo è sempre vero che «senza disciplina non c’è collettivo», ma qui ci fermiamo perché viviamo nel presente e non più nel passato.

«Poche regole ma precise» ha detto in altri termini Andreazzoli, il cui lavoro è stato particolarmente apprezzato dal club. Riesce a far sentire tutti importanti, ha ridato dignità ai giocatori, ha normalizzato molti aspetti usando soprattutto il dialogo. Per ora è arrivata una sconfitta contro la Sampdoria e una vittoria contro la Juventus, fatto che chiaramente obbliga ad attendere almeno la gara con l’Atalanta prima di cominciare a vedere se effettivamente la Roma è guarita oppure no. Ciò che ha riempito gli occhi e il cuore a tutti sabato sera, però, come minimo autorizza a ben sperare.

(…)Qualora le cose continuassero a migliorare e magari la squadra raggiungesse la qualificazione in Europa e conquistare l’accesso alla finale di Coppa Italia, inizierebbe ad essere difficile negare una possibilità di conferma ad Andreazzoli. «Siamo molto fiduciosi che Andreazzoli non rappresenti soltanto una soluzione temporanea – disse Franco Baldini presentandolo – Lo rappresenta, però con la grande speranza che possa essere una soluzione definitiva». Se poi l’eventuale finale di Coppa Italia dovesse addirittura vincerla, da una statua a Trigoria in su qualsiasi riconoscimento sarebbe meritato. Anche se ad oggi, anzi a l’altro ieri, l’unica squadra che, andando in finale, avrebbe la certezza di vincere la Coppa Italia è il Siena

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