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ORA D’ARIA Ormai è bbono tutto

Ora d’aria di Paolo Marcacci

Mi prendo questi tre puntarelli e me li metto in tasca: questo il primo pensiero che ho fatto appena terminata la gara dell’Adriatico, con il solito Totti versione deluxe, un Destro arrembante, il solito Bradley affidabile e ordinato e chi più ne ha più ne metta, per quanto riguarda le prestazioni positive.

Poi sono cominciate le considerazioni, che in città ancora proseguono e generano dibattiti moltiplicando i punti di vista.
Si sta dicendo tutto e il suo contrario, si è giunti persino a parlare di “rombo”, non inteso come specialità ittica servita con le patata a sfoglia nelle varie locande pescaresi ma come disposizione del centrocampo, quindi con una linea offensiva che non comprenderebbe più i classici tre larghi ma con un Totti trequartista e Destro-Osvaldo, conviventi a fatica, più stretti davanti.
Si è però poi proceduto con la considerazione che negli ultimi venti minuti l’atteggiamento tattico della Roma è parso addirittura più un 4-5-1, con Totti più avanzato dei  compagni di reparto a  pressare addirittura sui rinvii della spaesato Perin.
“Ormai è bono tutto…” è la considerazione che si sente fare da più di un ascoltatore, in più di un’emittente radiofonica; come a dire che a livello argomentativo questa Roma così “ibrida” si presta a qualsivoglia interpretazione. Anche per quanto riguarda il rendimento dei singoli, soprattutto per quelle prestazioni che non brillano per positività. Ad esempio: Osvaldo, l’attaccante a cui Zeman sembra non voler rinunciare quasi mai. Si cominciano a discutere i suoi atteggiamenti, labiali compresi, come se prima non si conoscessero, visto che non li ha mutati di una virgola; si dice che il suo impegno comincia a diminuire perché sente profumo di altri club, quindi l’apatia mostrata nell’area pescarese sarebbe solo l’ennesima conferma. Pjanic, un altro dei discussi ad honorem: come si fa a rinunciare a piedi così, come si fa a non adattarsi per consentirgli la collocazione che predilige e così via…
Potrei continuare all’infinito, ma sarebbe stucchevole e ripetitivo, visto che di analisi del genere se ne stanno ascoltando e leggendo a decine, sia a livello nazionale che locale.
L’importante, ma so che è arduo per più di qualcuno, sarebbe portare a compimento la delicata operazione di far pace col cervello: non si può dire che Zeman dovrebbe adattarsi ed essere meno rigido per quanto attiene al suo spartito e poi, al tempo stesso, pensare di individuare addirittura un rombo di centrocampo piuttosto che un 4-5-1 negli atteggiamenti e nei moduli che la squadra propone in partita.
L’operazione più semplice da compiere a livello analitico, ma più imbarazzante e per questo spesso evitata, sarebbe invece quella di chiedersi: quanti stanno veramente mettendo in pratica, novanta su novanta, i dettami di Zeman? Quanti gli si sono affidati, come ha fatto Lamela prima di infortunarsi? In altre parole: chi lo segue in pieno e chi invece a metà?
Questo interrogativo, se è vero che vale per ogni tecnico, proprio per questo per Zeman, per quello che richiede, per la soglia di attenzione e concentrazione necessarie in partita e durante la settimana, vale doppio.
Basterebbe sapere con certezza soprattutto questo, anche se basta guardare le partite per arrivarci.
Altrimenti, davvero, è bono tutto.
Paolo Marcacci 
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