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IL TEMPO Proprietà lontana ed ambiziosa. Zeman senza mezze misure

James Pallotta

(A. Austini) – Alla ricerca del primo sussulto. I due derby dell’era americana sono stati solo dolori, ma dalle parti di Trigoria vengono considerati dettagli. Il progetto è ambizioso, di lunga durata e parte da una ricostruzione totale. Con un obiettivo chiaro: costruire una squadra in grado di restare al vertice stabilmente nei prossimi anni e divertire.

Società

Pallotta ha sostituito Di Benedetto sul ponte di comando e si prepara a vivere (dagli States) il primo derby da presidente. La sua «emanazione» Pannes è una figura pro-tempore che sta per essere sostituita da un amministratore delegato permanente. Unicredit mantiene il 40% delle quote e non si impiccia più di troppo. Chi comanda, in realtà, vive quotidianamente a Trigoria. A Baldini e Sabatini resta la gestione dell’area tecnica, con Fenucci dedicato alla cura dei conti e, soprattutto, al progetto stadio. La Roma, in apparenza, sta spingendo su questo tasto più forte rispetto alla Lazio. Ma nonostante abbia scelto da tempo l’area (Tor di Valle) in accordo col Comune, slitta di mese in mese l’avvio ufficiale dell’iter. L’approvazione della legge sugli stadi potrebbe accorciare l’attesa, intanto i manager americani hanno messo su carta l’idea di un impianto polifunzionale da 55-60mila posti, disegnato dall’architetto Dan Meis. Legge o non legge, intendono costruirlo entro tre, quattro, massimo cinque anni. Altrimenti salta il banco: la Roma continua a costare parecchio – 141 milioni nell’ultimo esercizio – a fronte di ricavi troppo bassi, 116 milioni. Se il primo aumento di capitale ha tappato le falle in bilancio, la sostenibilità del futuro non può che passare dallo stadio.

Tecnico

Il tiqui-taca di Luis Enrique è durato poco. «Un meraviglioso errore» lo ha definitoBaldini che insieme a Sabatini ha deciso di affidare la squadra a Zeman. Una scelta di rottura verso il calcio in verticale del boemo, l’unico punto di contatto con l’asturiano è la filosofia offensiva del gioco e l’attenzione ai giovani. Il marchio di fabbrica di Sdengo – il 4-3-3 – non è cambiato, semmai alcuni interpreti lo fanno assomigliare poco (per ora) alle sue squadre del passato. Totti ha libertà di manovra, De Rossi cerca di impostare anche se non fa il regista, Castan e Burdisso a turno cercano di «abbassare» la linea difensiva quando il fiato della Roma è finito. Zeman si è ripreso comunque la scena, nel bene e nel male. La gestione del caso-De Rossi e la ricerca degli equilibri sono i grattacapi più impellenti. È chiaro però che il suo futuro si gioca sul ritorno in Europa.

Squadra

Gli americani e il duo Baldini-Sabatini hanno le idee chiare dall’inizio: stanno allestendo una Roma giovane (l’età media è di 24 anni e mezzo), piena di talento e capace di vincere in prospettiva più che nel presente. Una settantina i milioni di euro investiti in due anni sul mercato, fra i tanti acquisti Lamela, Osvaldo e Marquinhos sono le ciambelle riuscite col buco, Kjaer e Josè Angel i peggiori affari, Pjanic e Stekelenburg nella terra di mezzo. Aspettando che sboccino altri ragazzi – Dodò, Romagnoli, Nico Lopez – si punta sulla classe dei singoli e sull’effetto-Zeman.

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