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IL ROMANISTA ZemanRoma

Zeman

(S. Romita) – Che migliaia di lupi vi saltino addosso e vi sbranino vivi. Sapevate giocare così per novanta minuti e ce lo avete nascosto?

Ci avete privato della gioia di vedere il calcio nella sua essenza più pura facendoci solo intravedere qualche breve saggio di quello che avrebbe potuto esser e che fino a ieri non è stato? Siete stati cattivi, anzi perfidi. Dei veri sadici. Meritereste di essere impalati tutti, tranne Totti, Lamela e Osvaldo chiaramente, in piazza del Popolo. E tu, caro Maestro Zeman, concentrato di impenetrabilità, sarcasmo, inespressività facciale, massimo profeta del gioco d’attacco, sapevi registrare la difesa in questo modo e non l’avevi ancora fatto? E perché? Per orgoglio, per mantenere il punto, per scarsa convinzione in questi terzini diciottenni, perché non ti piaceva Burdisso? Non so, non mi interessa più saperlo. “So quel che faccio” hai detto alla vigilia, e hai aggiunto “farò meglio” della precedente vita da allenatore romanista.

Te lo sentivi. Che tutto sarebbe finito presto. Che il campionato aveva ancora tanto da dirci e da darci. Benedetto boemo. Ti abbiamo invitato a “non mollare” e ci hai sentito. Ed è tutto dietro le spalle oramai. E non perché abbiamo vinto all’Olimpico. Non perché abbiamo segnato quattro reti (prendendone una). Non perché abbiamo portato a casa tre punti. Tutto è passato perché la Roma ha capito che sa giocare al calcio come pochissime squadre. Tutto è finito in cantina, in scatoloni sigillati: paure, disagi, ingenuità, sbagli, balbuzie greche. Ieri di sbagli se ne sono visti uno o due. Nessun passaggio in orizzontale e schiere di giallorossi a pressare e ripartire con triangolazioni micidiali e verticalizzazioni al laser. E se dovessi scegliere tra il primo e il secondo tempo sarei veramente imbarazzato. Meglio il secondo chiaramente, ma anche i primi quarantacinque minuti mi hanno elettrizzato. Una Roma massiccia, compatta, fatta di amici fraterni.

Le parole di Totti, che supera Meazza ma nell’uscire dal campo incoraggiano Destro come un figlio, ne sono la prova. La corsa dei compagni a coprire sempre Destro già ammonito per non far scorgere all’arbitro che si è tolto la maglietta dopo il gol, ne sono la riprova. Mancavano ventimila spettatori ieri all’Olimpico, tifoso più tifoso meno. Sicuramente si saranno mangiati le mani per l’occasione perduta. Non hanno visto nascere la Roma. Ma hanno certamente capito che domenica prossima potremmo anche cominciare a salire alla volta del cielo

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