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GAZZETTA DELLO SPORT Tifosi, allenatori: venti anni di «Cellinate»

Massimo Cellino

(M. BREGA) – In vent’anni di presidenza (10 giugno 1992) Massimo Cellino ha fatto parlare di Cagliari in qualunque modo. Si è scritto del presidente rock, scaramantico, del padrone mangia allenatori. Difficile ricostruire in poche righe la sua gestione della squadra. Si può provare a leggere qualche pagina di un diario immaginario ambientato negli ultimi anni. I primi nove mesi del 2012 verranno ricordati perché «dedicati» allo stadio. Dal vecchio Sant’Elia la squadra se n’era già andata nel finale della scorsa stagione. E una piccola parte dei tifosi ha avviato una class action per recuperare i soldi degli abbonamenti non sfruttati a Trieste. Cellino non l’ha presa bene, rimandando al mittente la richiesta di 60 sostenitori che quest’anno volevano rinnovare l’abbonamento: facciamo a meno di voi, il messaggio presidenziale. Eppure Cellino per i suoi tifosi ha avuto sempre un debole. Ad agosto aveva deciso di riprodurre la scritta «Sconvolts» con i seggiolini dello stadio di Is Arenas.

Scaramanzia Il curriculum del presidente è ricco soprattutto nella pagina dei riti per evitare la sfortuna. Da un indumento viola obbligatorio per chi si recava allo stadio, al sale sulla panchina, dalle conferenze annullate di venerdì (soprattutto se cadeva il 17) alle bandane. Le bandane, appunto, meritano una parentesi. Nell’ottobre 2011 Cellino spiega: «Le bandane delle teste di moro devono stare sulla fronte, non sugli occhi, perché è simbolo di sottomissione». Sconfitto a Palermo nella prima versione, vittorioso col Lecce nella nuova versione. E così contro il Siena scatta l’appello di Cellino: «Contro il Siena venite tutti con la bandana in fronte!». È difficile che Cellino rilasci dichiarazioni banali. «Non riprenderei il club, mi hanno impedito di realizzare un sogno», ha detto il 5 giugno scorso riferendosi ovviamente alla questione stadio. Dopo l’espulsione di Pinilla a Trieste per un’esultanza troppo sentita, è esploso: «Arriva la Mobile, sta per arrestare l’arbitro. Siete dei ladri, questo è un furto». Avversario di turno? L’Inter. In vent’anni ha ammesso anche qualche colpa, come nel marzo scorso: «Mi sono vergognato tanto delle cagate che ho fatto nel calcio». Ma quando ha provato a liberarsi del club (febbraio 2012) dimettendosi nel Cda, è stato persuaso a cambiare idea perché lui è una delle locomotive dell’economia sarda. In quel caso c’era un’indagine in corso della Procura di Cagliari sul nuovo stadio che lo vedeva accusato di abuso d’ufficio ed estorsione. Ma lo sviluppo del territorio è un’idea che non può abbandonare (fu contattato anche per entrare nella Dinamo Sassari di basket). Lui, uomo di Cagliari, della Sardegna, che fu spedito dal padre sei anni in Australia per imparare un mestiere e che qualche tempo fa provò a comprare anche il West Ham per dare un tono british al suo rock.


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