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IL ROMANISTA Brozzi: “Aumentare la prevenzione”

Mario Brozzi

(P. A. COLETTI) – Piermario Morosini, ancora una morte per arresto cardiaco su di un campo di calcio. Sono anni che Mario Brozzi, ex medico sociale giallorosso, si batte per sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione medica, dell’aumento dei controlli e soprattutto per l’introduzione a bordo campo dei defibrillatori.

Il Romanista ha chiesto al Dottor Brozzi di spiegare come funzionano i controlli oggi in Italia nel calcio e qual’è la situazione legislativa a riguardo. L’ex medico della Roma ha cercato di individuare i perché di queste morti e ha spiegato cosa si è fatto ma soprattutto cosa si deve ancora fare per evitarle in futuro. La morte di Morosini. È l’ennesima tragedia, sono scioccato. Vedere queste immagini è un qualcosa che mi turba profondamente. È un contraltare incomprensibile. Un padre affida il proprio figlio allo sport per preservarlo proprio dai problemi di salute, e invece poi accadono queste cose che ci lasciano tutti attoniti.

Come è possibile che ancora oggi accadano queste tragedie sui campi di calcio?

Innanzitutto bisogna dire che l’arresto cardiaco nello sport è un rischio connaturato allo sport stesso. È impossibile ridurre il rischio di infarto allo 0%. Ma allo stesso modo è giusto dire che purtroppo in Italia non ci sono leggi adeguate. E visto lo stato dei fatti questo è quello a cui andiamo incontro.

Che leggi abbiamo?

I protocolli e la legislazione che riguardono il mondo dilettantistico sono fermi a 20 anni fa, sono davvero obsolete. Per i professionisti invece dei passi avanti sono stati fatti. I protocolli sono stati adeguati e rivisti, ma evidentemente non sono ancora sufficienti. La strada da percorrere è ancora molto lunga.

Cosa si può e si deve fare?

Sicuramente è necessario aumentare i controlli, lavorare sulla prevenzione, e portare i defibrillatori a bordo campo. Ma tutto ciò non può darci la certezza che risolveremo il problema, però almeno il rischio si riduce notevolmente.

Ad oggi a quali e quanti controlli vengono sottoposti gli atleti?

Innanzitutto c’è da dire che c’è una grossa dicotomia tra mondo professionistico e mondo dilettantistico. Come detto precedentemente i protocolli e le leggi per quanto riguarda i professisonisti sono più avanzati e moderni. Ad oggi per qualsiasi professionista sono previste due visite all’anno, una generale e una di controllo. Nella visita generale l’atleta viene sottoposto all’esame delle urine, all’esame del sangue, al test da sforzo, alla spirometria e all’ecocardiocolordoppler. Mentre per i dilettanti gli esami e i controlli sono decisamente inferiori e meno frequenti. Vengono sottoposti solo alla spirometria e al test delle urine.

Come va migliorato questo sistema?

È necessario creare sistemi di prevenzione più accurati, un atleta prima di varcare la linea d’ingresso del campo deve essere sicuro di essere sano e di non incorrere in alcun rischio. A qualsiasi livello, dal calciatore di Serie A all’ultimo dei dilettanti. E insisto sul tasto dei defibrillatori. Io ho fatto la proposta di renderli sempre disponibili a bordo campo già sette anni fa. E ancora non sono stati messi. Mi sembra assurdo, soprattutto dopo che continuano ad accadere queste morti, con una certa frequenza. Dovete sapere che l’uso immediato del defibrillatore in caso di arresto cardiaco riduce del 40% il rischio di decesso. 40% non è poco, non capisco come mai ancora nessuno abbia preso questo provvedimento.

Come diceva sono anni che si batte per questa causa, cosa è riuscito ad ottenere?

Ho deciso di intraprendere questo lavoro dal giorno della morte di Giorgio Castelli 7 anni fa. Io personalmnete sono anni che mi batto per migliorare questa situazione. Ora sono spalleggiato da numerosi colleghi, ma non nascondo che all’inizio ero visto quasi come un terrorista, ed ero da solo. Ad oggi abbiamo fatto numerosi passi avanti , ma vedere queste immagini mi riporta indietro di tanti anni. Evidente purtroppo sono stato profetico. Negli ultimi anni questi avvenimenti continuano ad aumentare.

Come si spiega questo aumento? Quali sono i motivi?

Io ritengo che il mondo dello sport di oggi, in particolare quello del calcio, sia sbagliato. Lo sport dovrebbe essere un qualcosa che sia di tutela e salvaguardia della vita umana, fare sport deve essere sintomo di salute fisica. Purtroppo oggi tutto è troppo sbilanciato verso il successo, già a livello giovanile e dilettantistico si inculca l’idea di dover vincere a tutti i costi. Lo sport ha perso il suo senso originario, cioè l’essere veicolo d’insegnamento alla salute, all’etica, alla lealtà. Tutto questo come incide sulla salute fisica di un atleta? Purtroppo nel calcio professionistico ma soprattutto a livello dilettantistico c’è un’enorme spinta verso lo spettacolo, il successo a tutti i costi. Gli atleti vengono sottoposti quotidianamente a delle pressioni enormi. E questo genera tanto, troppo stress. Tutte queste pressioni e questo stress possono mettere in moto dei mecanismi fisici che possono portare a queste tragedie.

Può esser davvero tutto legato allo stress?

Lo stress è di per se un fattore di rischio da non sottovalutare assolutamente. Un fisico sottoposto a tutte le pressioni che ci sono oggi nel mondo del calcio e a tanto stress sia fisico che psicologico è assolutamente un soggetto a rischio. All’interno dell’organismo umano tutto questo può innescare spirali pericolose che possono andare a colpire quelle persone che presentano piccoli problemi. Piccole cose che prese singolarmente non sembrano gravi ma, in un fisico sottoposto a sforzo fisico e stress, possono anche condurre ad arresti cardiaci.

Quali sono le contromosse che il mondo dello sport deve mettere in atto per cambiare questa tendenza?

A livello generale lo sport deve investire di più sugli aspetti etici e non investire solamente sulle sanzioni. Fermo restando che il lavoro sanzionatorio è giusto e necessario, per migliorare la situazione, per fare dei passi avanti, è assolutamente necessario fare in modo che lo sport, il calcio in particolare, divenga un veicolo che insegni ai giovani uno stile di vita salutare, una corretta alimentazione, un codice etico basato sulla lealtà. Le istituzioni e tutti noi dobbiamo capire che se si diventa un buono sportivo di conseguenza si sarà anche un buon cittadino, un buon lavoratore, un buon padre.

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