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IL ROMANISTA. “DiBenedetto si dimette? No!”

Thomas DiBenedetto

(D.Galli) – «Le dimissioni di DiBenedetto? Voci prive di ogni fondamento». All’ad Claudio Fenucci bastano cinque parole per chiudere sul nascere quel chiacchiericcio fastidioso sull’uscita di scena del presidente, figlio delle indiscrezioni così cafonaldi Dagospia nel pomeriggio. Mr Tom resta al comando, è altro quello che sta avvenendo in seno all’AS Roma. Si chiama riposizionamento. È in atto un confronto tra i soci di maggioranza. In particolare traDiBenedetto e Pallotta. Non c’è da temere nulla. Anche nell’ipotesi (per ora non prevista) che qualche membro della cordata si defili, la società continuerà ad essere sotto il pieno controllo degli americani. Non è un mistero. Ruoli e competenze – le deleghe – sono oggetto di un dibattito interno. Durante il Cda di domani, Michael Ruane e Richard D’Amore dovrebbero formalizzare le dimissioni da consiglieri. Resteranno contitolari delle quote di controllo. Qualcuno li sostituirà, ed è soprattutto di questo che i soci hanno parlato negli ultimi tempi. Potrebbe aumentare l’influenza di Pallotta. Domani, comunque, DiBenedetto non sarà presente al Cda, e quindi nemmeno al brindisi di Natale con staff tecnico, squadra e dipendenti. Mr Tom interverrà in conference call. Qualcuno ha letto in questo un allontanamento del presidente. Dagospia, per esempio. Secondo il sito diretto da D’Agostino, DiBenedetto avrebbe «le ore contate», perché «in ballo» ci sono «dissidi con i soci americani e incomprensioni con Unicredit…». Ore contate? Fenucci ha smentito, appunto (l’ad ha parlato pure di De Rossi: «La trattativa va avanti, le condizioni perché resti con la Roma ci sono tutte»). E ha smentito pure la banca: «Non c’è alcuna incomprensione con DiBenedetto». Corretto, dicono le fonti. Intanto, l’AS Roma americana è finita nelle case. Degli americani. Ce l’ha portata il New York Times con un articolo in cui Joe Tacopina racconta come gli è venuta l’idea di (far) acquistare il club, James Pallotta illustra le strategie societarie e Stekelenburg prevede per la squadra «un futuro migliore» e rivela che «forse non andrà più via da Roma» perché «qui mi sento giovane». Tacopina. «Un avvocato penalista di alto profilo, pazzo per il calcio», lo definisce Jack Bell per il NYT. Accade che un bel giorno il futuro vicepresidente della Roma va all’Olimpico, stadio a cinque stelle secondo i curiosi canoni della Uefa ma non secondo Joe. «Il tabellone – racconta Tacopina – non funzionava; io volevo comprare delle magliette per i miei figli, ma non ce n’era nemmeno una in vendita. Ed era sporco». Mr Joe non si demoralizza. «Ho cominciato a buttare giù qualche idea sul tovagliolo che avvolgeva il panino. Perché non trovare un gruppo che la compri?». Che compri l’AS Roma. Pallotta. Al NYT, dice: «È nostro compito costruire un modello di business che consenta al club di avere i mezzi per competere ai livelli più alti, e allo stesso tempo sviluppare una piattaforma mediatica che permetta ai nostri tifosi in tutto il mondo di seguire la Roma nella maniera più coinvolgente possibile. I mattoni su cui costruire il successo includono il miglioramento dell’esperienza-stadio per i tifosi, cominciando dal renderlo più accogliente per le famiglie e lo sviluppo di una forte presenza digitale; l’organizzazione di tour della squadra in America e Asia, così da dare ai nostri fan in tutto il mondo la possibilità di vedere la squadra dal vivo, e infine costruire un nuovo stadio a Roma».

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