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CORRIERE DELLO SPORT. Rocca: “Mi voleva la Roma”

Capello e Rocca

( A. Ghiacci) – Convinto che il calcio non sia solo lo spettacolo che oggi abbiamo sotto gli occhi. Talmente convinto che, quando ne parla, ipnotizza chi lo ascolta. E se l’interlocutore è minimamente d’accordo con le tesi sostenute, non può far altro che annuire e cominciare ad apprezzare da subito la testimonianza ricevuta e la lezione che è sempre di grande d’attualità. Lui è Francesco Rocca, 57 anni, soprannominato dai tifosi della Roma Kawasaki. Il tema? Il calcio, in generale, e i ragazzi che giocano e sognano di arrivare in alto. Da anni, ormai, Rocca lavora con i più giovani, preparandoli. E la lezione parte proprio da qui:«Nella vita i soldi non sono tutto, bisogna imparare da subito la strada del sacrificio, nel lavoro di tutti i giorni. Inutile pensare solo ad avere trenta donne o trenta macchine. Nel calcio, come nella vita, bisogna impegnarsi tanto. Allenamenti troppo duri? Mi viene da ridere, uno o sta male e allora si cura oppure si allena per migliorare. Nel calcio giovanile si deve crescere, il rischio è che l’illusione della carriera e dei soldi possa deviare le finalità che il calcio, o comunque lo sport in generale, deve perseguire. Lo sport è una cosa seria e i ragazzi vanno messi in guardia. Il professionismo? E’ per pochi». C’è stato modo, andando avanti con la discussione, di toccare anche i colori che Rocca conosce bene, il giallo e il rosso, la Roma. (…) («Quello romanista è un bel progetto, mi lunsinga che il mio nome venga accostato al nuovo percorso, per ora nessuno mi ha chiamato, in futuro vedremo…» aveva detto), ieri i toni sono cambiati:«Ho un contratto con la Federazione e mi trovo molto bene. Dalla Roma ho ricevuto una proposta per un contratto di immagine, ma l’immagine che i tifosi già hanno di me è immacolata e io non voglio assolutamente toccarla». Qualcuno gli ricorda che, forse, per chi come lui ha dato così tanto alla Roma, compresa una gamba, ci poteva essere un altro trattamento: «Con me la meritocrazia non è stata usata. Sono claudicante da quarant’anni perché credo in alcuni valori, valori che poi si sono rivelati un boomerang per me. Comunque non ho alcun rimpianto per aver dato un gamba per la mia professione e per la mia società».

Luis Enrique, tecnico giallorosso, sembra uomo di princìpi, uno che ha dei comportamenti in linea con quanto raccontaRocca«Non so se la strada intrapresa sia proprio quella, ho a che fare con i tifosi e non con i calciatori. Sono loro, come detto, che devono meritarsi di fare il lavoro che fanno. Quella del calciatore, se si rispettano le regole, la considero una professione molto selettiva. E poi bisogna sempre rispettare chi paga per andare a vedere la partita» (…).

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