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Il Messaggero Così Parnasi finanziò a pioggia i consiglieri

(S. Canettieri/F. Rossi) Cortesie per gli ospiti. Come aiutare la dura campagna elettorale di destra, sinistra e centro sapendo che poi gli stessi eletti dovranno votare sì o no in Aula Giulio Cesare sul proprio progetto. È la storia dei contributi elettorali elargiti a pioggia dalle società di Luca Parnasi ai consiglieri comunali che poi, un anno e mezzo dopo, alzeranno la mano per il progetto di Tor di Valle. Niente di illegale. Di sicuro, una prassi molto romana nell’accezione negativa del termine. Morale della favola. A beneficiare dei contributi, di entità compresa tra i 4 e i 30 mila euro, fu buona parte di quella che sarebbe poi stata la maggioranza a trazione Pd. La vittoria di Ignazio Marino, all’alba della campagna elettorale del 2013 per il Campidoglio, era considerata molto probabile, con un Gianni Alemanno in caduta nei sondaggi e un Movimento 5 Stelle ancora non abbastanza forte per competere. Ma, come rivelato dal vice direttore di Libero Franco Bechis, a incassare i contributi elettorali delle società riconducibili al gruppo guidato da Luca Parnasi, in pieno clima bipartisan furono i candidati al consiglio comunale di diversi partiti, dal centrodestra alle liste civiche, con l’eccezione dei quattro esponenti del M5S. Si tratta, si badi bene, di finanziamenti assolutamente legali e trasparenti, denunciati dai singoli consiglieri (come previsto dalla legge) e consultabili da tutti. Ma ieri la vicenda è stata al centro del dibattito sui social network e sulle radio romane, con un minimo comun denominatore: lo stadio della Roma di Tor di Valle e la delibera con la quale l’assemblea capitolina, il 22 dicembre 2014, riconobbe la pubblica utilità al progetto presentato dai proponenti.

FAVOREVOLI E CONTRARI – Tanti gli esponenti dell’aula Giulio Cesare, durante la passata consiliatura, avevano quindi ottenuto aiuti per la campagna elettorale dal gruppo interessato alla costruzione di quello che le associazioni ambientaliste definivano l’ «Ecomostro» di Tor di Valle. Molti consiglieri hanno votato a favore della delibera, altri invece si sono astenuti o addirittura schierati contro. «Alla fine ho votato sì, anche se durante l’iter della delibera ho fatto notare alcune cose che non mi convincevano, come le cubature, e ho insistito sulla realizzazione delle opere pubbliche indispensabili», ricorda Fabrizio Panecaldo, all’epoca coordinatore della maggioranza che sosteneva Marino e in seguito capogruppo del Pd. Panecaldo ammette di aver ricevuto un finanziamento «di cinquemila euro, regolarmente registrato e denunciato». Favorevole anche l’ex capogruppo dem Francesco D’Ausilio, che aveva lasciato la guida della pattuglia dopo l’esplosione dell’inchiesta su Mafia Capitale, e altri consiglieri di maggioranza che risultano aver ricevuto finanziamenti elettorali del gruppo di Parnasi. Dall’ex presidente della commissione urbanistica Antonio Stampete all’allora presidente della commissione Roma Capitale, Gianni Paris. Fuori dalla maggioranza voti positivi arrivarono da Forza Italia, con Giordano Tredicine e Davide Bordoni. Ma anche da Ignazio Cozzoli, eletto in una lista civica del centrodestra: «Sullo stadio ho una mia idea, che mi sono fatto in 12 sedute della commissione urbanistica – dice Cozzoli – e su quella ho espresso il mio voto: all’epoca della campagna elettorale non c’era alcun progetto presentato, né la legge sugli stadi».

I VOTI – Tra i consiglieri in carica nel 2014 che avevano ricevuto finanziamenti ce ne sono anche alcuni che non hanno votato a favore della pubblica utilità dello stadio di Tor di Valle. Ricca la pattuglia di chi non ha proprio partecipato alla votazione della delibera: in primis l’ex inquilino del Campidoglio, Gianni Alemanno, seguito dalla sua ex vicesindaco, Sveva Belviso, e da Giovanni Quarzo, all’epoca esponente di Forza Italia. Tra gli astenuti c’era invece Lavinia Mennuni, presidente della commissione trasparenza e consigliere di Fratelli d’Italia. Un altro rappresentante di Fdi, Dario Rossin, si espresse addirittura contro. Così come Alessandro Onorato, capogruppo della Lista Marchini, che in aula Giulio Cesare espresse le sue perplessità sull’esiguità delle opere pubbliche da realizzare, e poi disse no.

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