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IL MESSAGGERO Regole e cultura del lavoro, al Bernardini regna l’anarchia

Trigoria Garcia e Keita
Trigoria Garcia e Keita

A Perché poi è facile prendersela con gli allenatori, con la società, con l’ambiente. I giocatori non c’entrano mai. Loro sono sempre al di sopra di ogni sospetto: quando si sostiene in tanti non sopportino più l’allenatore, ecco il miracoloso abbraccio (Florenzi-Garcia), che possiamo accostare al tuffo del portiere quando ha il fotografo davanti (o dietro). Un click (eccolo, il termine ritorna inesorabile: click) e tutto è sistemato. Ma spesso i calciatori c’entrano eccome, tante volte sono loro che rendono grande un allenatore. Spesso c’entrano perché sono scarsi, perchémal preparati, perché mentalmente inadeguati. Ma c’entrano. Quelli della Roma sono scarsi? Mal preparati? Mentalmente inadeguati? Di tutto un po’. La squadra è mediamente vecchia, o meglio molti calciatori chiave sono in là con l’età, quindi è più complicato allenarli, recuperarli dagli infortuni. Ti possono dare una mano nell’aspetto caratteriale, ma non basta.

ZDENEK DIXIT A Roma – si va dicendo – i calciatori fanno come vogliono, imbeccano gli allenatori sulledoppie sedute, sui giorni di riposo, sulla vita quotidiana. Le regole. Ne parlava Zeman, e vediamo che fine ha fatto («i giocatori erano tanti sul lettino, qualcuno sul raccordo..»), era un cavallo di battaglia di Spalletti («i comportamenti giusti») e lo ha ribadito qualche settimana fa Burdisso («a Roma manca la cultura del lavoro»). Al di là della forza dei piedi e del motore della testa, sarà mai possibile che chi capita a Trigoria si ritrovi a staccare la spina? Possibile che giocatori poco utilizzati finiscano la partita con i crampi, possibile che la stessa fine la faccia Nainggolan per aver saltato la prima di campionato dopo la sosta? E ritorniamo alla famosa doppia seduta di lavoro annullata a fine 2015: Norman addirittura avrebbe dato tutta quella giornata libera, perché la squadra era ben allenata. Ma la squadra è ferma, quindi due le cose: o si allena male, o si allena poco. Ecco, uno come Francesco Rocca non andrebbe bene, lo dice anche Zeman alla DS. «Lui è uno che fa lavorare molto i calciatori, non è adatto…». Chiara l’ironia, evidente il messaggio. Come questo: «La Roma, con Marquinhos e Romagnoli, aveva la coppia di centrali più forte in prospettiva, e se vuoi vincere li devi tenere»

FIGLI E FIGLIASTRI Sembra di tornare all’epoca di Capello e dei sudamericani (e Cassano), ogni Natale era la stessa storia: chi arrivava due giorni dopo, chi tre, chi addirittura un giorno prima della partita. Nel 2004, la Roma perse uno scudetto – per stessa ammissione di Capello -per aver concesso qualcosa in più a un calciatore (Emerson) facendo infuriare tutti gli altri. Lo scorso anno è successa la stessa cosa con Garcia-Gervinho, con la Coppa d’Africa durata un’infinità e cominciata, per l’ivoriano, con una lunga rincorsa. Sono equilibri che una società dovrebbe essere capace di mantenere. Possibile che a Roma, per vincere qualcosa, serva un sergente di ferro? Uno con la frusta? Garcia ieri ha richiamato a rapporto la squadra, è stato duro e ha deciso: domani doppia seduta, stile Full metal Jacket. Calma: oggi, però, riposo per tutti. Ci risiamo. Ma Rudi, così pare, non ci sarà.

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