(D.Galli) – Montolivo l’ha piazzata in seconda fila, alle spalle della Juve e assieme a Milan, Inter, Fiorentina e Napoli. Le big, le uniche big. Ma ieri lo ha detto soprattutto Prandelli. Pubblicamente. Cosa? Questo:«La Roma? Potrebbe essere una sorpresa». Lo potrebbe essere nell’unica stagione dove la Roma parte a fari spenti persino per una tifoseria sognatrice come la nostra, all’inizio di un campionato dove alle radio, su Internet e al bar l’obiettivo più gettonato è un piazzamento in Champions. Comprensibile prudenza. Troppe delusioni, troppe notti storte e pomeriggi pure. Eppure, più di un elemento legittima a coltivare qualche speranzella in più.
IL MERCATO Tra le italiane, la Roma è la squadra che ha meglio figurato contro il Chelsea dei Torres, degli Essien, dei Terry, dei Lampard, allenata da un tecnico supersonico come Mourinho. Il cambio di strategia sul mercato per ora sta premiando, sono stati presi dei calciatori d’esperienza – Maicon, Benatia, De Sanctis – senza per questo rinunciare tour court ai giovani di prospettiva. Per questo è stato acquistato Jedvaj, per questo non ci si è liberati di Dodò. È stato compiuto uno sforzo economico non indifferente per arrivare a Strootman, uno che non ha i 17 anni del difensore croato (all’occorrenza centrocampista, e persino terzino), ma che a 23 è uno dei centrocampisti di maggior talento in Europa. Si sta prediligendo il carisma, non a caso Sabatini ha provato a prendere il roccioso Nainggolan dal Cagliari. Basta con il carattere leggerino e i lineamenti a punto interrogativo di un José Angel qualsiasi, la Roma punta adesso in egual modo sia sul nuovo, sia sull’usato garantito, a condizione che gli attributi siano sempre di serie.
GARCIA Rudi Garcia è arrivato in sordina. È piombato in un ambiente scosso, traumatizzato, che l’ha accolto quasi con disinteresse. In silenzio, ha saputo ricostruire una Roma in frantumi. C’è riuscito con un’umiltà profonda. Questo tecnico è uno che si va a raccogliere i palloni a fine allenamento, raccontano a Trigoria. Non è un integralista, si adatta agli uomini che ha e alle situazioni che trova. Ascolta chi gli sta vicino, poi decide in totale autonomia. C’era chi temeva che avrebbe accantonato un’icona come Totti, invece ne ha fatto l’ago della bilancia di uno schieramento tattico che fa perdere le proprie tracce, dove i pezzi dello scacchiere cambiano spesso posizione. Rudi fa partire il Capitano là davanti a sinistra, chiedendogli di interrompere all’improvviso, con un lancio al millimetro per gli avanti romanisti, la fitta trama di passaggi che costringe l’avversario a girare a vuoto. Ma non solo. L’hanno rivelato in tanti, dentro lo spogliatoio: Garcia riesce a dare importanza a ogni calciatore. Nessuno viene lasciato dietro.
L’ATMOSFERA C’è un clima positivo a Trigoria, lo si respira nel quotidiano, la Roma è diventata quello che prima, forse, non era: una famiglia. L’input parte dall’alto. Leggete le parole di James Pallotta in America. Le ha riportate Sport Illustrated, un totem dell’editoria sportiva. «Siete una famiglia, non dei servi», ha detto rivolgendosi al baby Tallo. «Quello che molte persone perdono di vista con queste squadre – ha poi spiegato al magazine – è che ci sono dei ragazzi. Si sono trasferiti dal Brasile, dalla Croazia o dall’Argentina e ora sono a Roma. Tu devi essere il loro mentore e far sì che si sentano parte di una famiglia». Un allenatore intelligente, semplice ma non banale, un gruppo coeso dal tasso tecnico non indifferente, una famiglia certamente, ma tutta gente che le palle le possiede oltre a giocarle. Certo, la Roma è da Champions e deve lottare per questo obiettivo. Poi, chissà.