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IL ROMANISTA De Rossi, l’Italia è sempre lui

De Rossi in Nazionale

(D. Giannini) – Domani sera non ci sarà e non sarà la stessa cosa. PerchéItalia-Brasile con o senza De Rossi fa una bella differenza. Per lui, ammonito mercoledì a Recife (e già diffidato) appuntamento alla semifinale della Confederations Cup che l’Italia è già sicura di giocare anche e soprattutto grazie alla sua voglia di reagire a una mezzora in cui di fronte c’era il Giappone ma sembrava che fosse già la Seleçao. Sulle fasce sembrava di vedere Marcelo e Dani Alves e invece erano Uchida e Nagatomo. Un monologo che Daniele, primo tra gli azzurri, ha provato ad interrompere. Prima spendendo un fallo da giallo, poi, anzi soprattutto, con quel gol che ha riaperto la partita. Il suo centro numero 15 in Nazionale. Che è tantissimo per chiunque.

Per un centrocampista è di più, è il massimo. Perché quasi nessun “non attaccante” ha mai segnato di più in maglia azzurra. Quasi perché c’è l’eccezione di Adolfo Baloncieri, che fu grandissimo anche se in un’altra epoca, in un’altro calcio. E molte grandi punte o numeri 10 della storia italiana sono già rimasti dietro Daniele. L’ultimo in ordine di tempo è stato addirittura Gianni Rivera. Il Golden Boy, il calcio degli anni 60 e 70, l’uomo di Italia-Germania 4-3. Dietro anche lui. Davanti, a una sola rete di distanza, ci sono l’ex compagno anche in giallorosso Luca Toni e Gianluca Vialli. Bomber, centravanti, prime punte. Lui no, lui è chiamato ad altri compiti, lui dovrebbe rompere il gioco avversario e ricostruire. Eppure, se non ci fosse stato lui, con ogni probabilità l’Italia avrebbe rimediato una figuraccia contro il Giappone oltre a compromettere il cammino nella Confederations, per quanto questa competizione possa davvero interessare i tifosi.

E invece c’è stata quella inzuccata, piena, tonda, alla De Rossi. Che ha riaperto la sfida, ha ridato vitalità all’Italia. E poi pure il La all’azione del definitvo 4-3 con quel tocco nello spazio per Marchisio. Insomma un De Rossi vitale, magari non stellare, ma comunque il migliore del centrocampo azzurro. Che dovrà saltare “la” partita. Quella col Brasile. Poco male, perché l’Italia è in semifinale e quindi è poco più di un’amichevole. E in amichevole col Brasile De Rossi non solo ci ha giocato, ma gli ha pure segnato. Tre mesi fa esatti, nel primo giorno di primavera. E anche allora fu determinante per dare una scossa dopo l’uno-due della Seleçao.

D’altronde, decisivo in azzurro lo è stato sempre, fin dalla prima volta. Era il 4 settembre del 2004. Daniele aveva appena 21 anni, compiuti pure da poco. Esordio in azzurro e 4 minuti per fare la storia, per raddrizzare la barca azzurra che era già stata colpita dalla Norvegia di Carew. La prima di 15 gemme. Che poi sarebbero 16. Perché c’è quella più importante anche se non fa classifica. Quel rigore calciato a 23 anni da compiere in una finale mondiale dopo che il mondo intero l’aveva etichettato come quello della gomitata a McBride. Buum e “buttace i guanti”. Campione del mondo, vice campione d’Europa, bronzo olimpico under 21 e campione d’Europa sempre under 21. Ecco chi è oggi per il mondo Daniele De Rossi, l’uomo dalle 88 presenze in Nazionale maggiore, che arrivando in finale diventerebbero 90. Non potranno essere 91 perché domani sera a Salvador de Bahia non ci sarà. Novantuno, come Del Piero, che supererà presto, e poi le 94 presenze di Facchetti e ancora su su fino alla cima. Perché De Rossi, il romanista più azzurro di sempre, non si ferma

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