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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

Esultanza per il gol di Totti

Aspettando Godot, cioè De Rossi, che doveva figurare nella formazione iniziale, stando alle previsioni di qualche infallibile.

Aspettando, godo: il primo tempo fugge via ad un ritmo infernale, che fulminerebbe le lucine dell’alberello appena fatto; anche la Roma potrebbe sembrare un alberello, con Destro a fare il puntale (proprio stasera un po’ spuntanto) e Totti e Pjanic appena più bassi, a coprire zone di campo infinite, come le energie delle due compagini.
Tanto gentile e  tanto onesta pare, fiorentinamente declamando, la partita, nonostante l’agonismo; si dissocia dalla declamazione Olivera, appena può: lo si conosce e poco ci si meraviglia, è invece incredibile che Banti veda e scelga il giallo: lo si conosceva già prima come arbitro poco casalingo, da stasera lo si potrebbe supporre miope o daltonico, scelga il lettore.
Si procede a gran ritmo, si sbaglia anche e si lasciano vuoti, anche di memoria viste le dimenticanze circa il mantenimento delle posizioni. Dopo il vantaggio derivante dall’ipnosi di Viviano sul cross a carambola di Tachtsidis, il cui sguardo varca la linea prima che la sfera pettini Castan, la Roma vive un paio di frangenti in cui si consegna suo malgrado; la faccia di Roncaglia fa  pensare ai viola come al commando di boliviani che assaltano la villa di Tony Montana, alias Scarface, nella scena finale del film.
C’è, al solito, un capitolo a parte all’interno della vicenda: ha il Dieci sulle spalle e una vita intera dentro una maglia sola: ogni zolla ghiacciata la calpesta come fosse mattonella di casa, lucidandone con una classe che fa luccicare anche il più semplice dei disimpegni; del resto ogni giocata è semplice se chi è superiore la fa apparire tale agli occhi degli altri. Quando decide, crea per Destro il corridoio lungo l’out…destro, in modo che la retroguardia montelliana gli caracolli appresso: così facendo si crea l’isolotto al centro dell’area per cui rivendica che la  palla torni dal Padrone, si organizza trovando la postura miracolosa  e di mezzo esterno destro (daje…) rinnova gli incubi del povero Viviano. C’è finalmente pace per l’estremo difensore viola? No, Per lui Freddy Krueger stasera ha il numero Dieci e le maniche corte: un destro, un altro, leggermente ad uscire, che addobba l’alberello poco sotto al sette del palo sinistro e colloca Viviano fra i pastorelli del presepe. Tre a uno e le critiche degli opinionisti al portiere, che in realtà potrà raccontare ai nipotini di essere stato l’unico al mondo ad aver sfiorato il duecentoventunesimo del primo uomo che non ebbe bisogno di sbarcare sulla luna perché preferì palleggiarci.
Fischia Banti e l’intervallo se ne va in uno stropicciare di occhi, in un prevedere cali, in un invocare Borghetti affinché scongelino il sangue nelle vene.
Si riprende ed è subito sarabanda,  tra un’uscita e l’altra di Goicoechea, tra una spinta a Totti e il suo rialzarsi perenne, tra un errore di Destro e la precipitazione per rifarsi che porta all’errore seguente… Il due a tre appare un dettaglio su cui non c’è tempo di soffermarsi. Su tutto ciò che accade vigila Marquinhos, che segna pure un goal regolarissimo (grazie, Stefani e Faverani…) e soprattutto risuscita gli spettri paradisiaci di Juan e di Aldair, cui deve aver rubato il senso dell’anticipo e la freddezza di chi non si perde nel marasma. Bradley nel frattempo continua a peccare di egoismo e precisione, ma continua a correre in una maniera tale che non hai bisogno di cercarlo, là dove deve trovarsi, perché sai che già ci si trova. Per questo resta in campo a dispetto di qualche errore di troppo.
Alla fine Osvaldo fa il suo ingresso e De Rossi fa quattrocento, che certamente immaginava di spegnere su candeline dalla fiamma più viva; entrambi prendono parte ad un finale che sembra Italia-Brasile dell’ottantadue, solo che stavolta il quattro a due è valido e proprio Osvaldo lo sigla, rimettendo in discussione gerarchie appena consolidatesi.
Finisce con un canto che non è soltanto liberatorio ma anche gonfio di prospettive, sotto la tramontana che intirizzisce più di tutti Aquilani, Luca Toni e tutti quelli che avevano legittimissime motivazioni supplementari in salsa viola. Dopo dieci risultati utili, la Fiorentina lascia lo scalpo all’Olimpico, segnali di fumo giallorosso si fanno intravvedere verso l’orizzonte di una classifica nuova.
Grande Capo Zeman continua a far chiacchierare gli altri, come sempre fanno i saggi.
Paolo Marcacci 
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