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PINTO: “Il rinnovo non è importante, ne parliamo internamente. Il mio lavoro a Roma? Incassati 150 milioni dalle cessioni e rosa migliorata…”

In questi giorni allo Stadio Olimpico sta andando in scena il Social Football Summit (evento a cui ieri ha partecipato anche José Mourinho) e tra le varie personalità del calcio è presente anche Tiago Pinto. Il general manager della Roma interverrà sul palco e tratterà numerose tematiche. Di seguito le parole del direttore giallorosso:

Non sei solo un ds ma un general manager. Un po’ di tempo fa il ds gestiva alcune dinamiche di spogliatoio mentre ora c’è una super specializzazione. Come è cambiato il tuo lavoro?
“Buonasera a tutti e grazie per l’invito. Penso che questa cosa è cambiata tanto negli ultimi anni anche in Europa. Basta guardare i 20 club di Premier League, il calcio è evoluto tanto. Se non parli le lingue è difficile fare il direttore sportivo perché il mercato è globale. Se non hai conoscenze legali non puoi chiudere la trattativa e se non sai i numeri non sai gestire il FFP. Il mercato incide per il 20-30% sul risultato. Il resto dipende dalle persone che lavorano in una squadra. Ci sono tanti dipartimenti che influiscono sul risultato finale. Tu come gm o ds devi avere le giuste skill, altrimenti è molto difficile”.

Poi ci sono giovanili e squadra femminile…
“Io mi fido molto di questa prospettiva olistica del calcio e penso che ogni singolo dettaglio può aiutare a vincere. Io seguo tutto della Roma ma non faccio tutto. La miglior decisione che ho preso nella femminile è stata ingaggiare Bavagnoli per gestire il progetto. Il settore giovanile è diverso, per me è la luce dei miei occhi. Nella mia strategia sportiva è una pietra fondamentale. Quando sono arrivato ho preso Vergine mentre ora abbiamo Gombar, De Rossi e Conti che gestiscono il quotidiano ma c’è una piramide che porta alla prima squadra. Quella area mi piace molto”.

Il settore giovanile della Roma è sempre stato florido. Stai pensando alla squadra B?
“Il settore giovanile della Roma ha sempre prodotto ottimi giocatori. Farli esordire come abbiamo fatto noi in prima squadra non è scontato. Questo è un grande lavoro che ha fatto anche José Mourinho. Bisogna avere coraggio nel metterli in campo. Sì, è vero, siamo una piazza con tanti grandi giovani ma questa vicinanza con la prima squadra è nuova. Creare ricavi con la vendita dei giocatori è stato merito anche del tecnico e del suo staff. Io vengo da una realtà dove la squadra B è fondamentale ma i miei dubbi sono oggi in Italia con i regolamenti. La prima cosa è che servono tanti soldi per fare la squadra B. Dal mio punto di vista poi c’è l’obiettivo di portare la squadra dalla C alla B. Credo che la seconda squadra possa servire anche a far giocare chi è fuori dal progetto. Io ho trovato a Roma 40 tesserati che non entravano nel gruppo di Mourinho e li abbiamo mandati in prestito. Abbiamo fatto operazioni che ci hanno aiutato ad incassare e tenere percentuali sulla futura rivendita. Nel contesto italiano non sono convinto della squadra B”.

I dati ed il Fair Play Finanziario hanno cambiato il calcio?
“Oggi comanda la parte economica ed è importante trovare il bilanciamento tra i club ed i paletti interni di Lega e Uefa. Questo sta cambiando molto. I dati? Noi ogni giorno cerchiamo di capire cosa ci possa aiutare a vincere e fare bene. Secondo me è più una cosa che può aiutarci rispetto ad essere fondamentale. Non voglio fare nomi ma anche quei club che dicono che lavorano con i dati e fanno bene prendono giocatori sbagliati come fa Tiago Pinto. Io ho lavorato anche nella Polisportiva del Benfica e i dati sono un cosa che ci aiuta ma errare è umano”.

Cosa non vedono i dati?
“Il successo o l’insuccesso del giocatore dipende da tanti fattori. I dati ti danno tante cose ma serve anche l’occhio. A me non vedrete mai parlare dei talenti scoperti come fanno altri. Il nostro lavoro è trovare il potenziale nel lavoro degli altri. Tutti sapevano chi fossero Endrick o Kvaratskhelia. Il lavoro però viene bene con una somma di fattori. Lo scouting è fondamentale come i dati. Prendere il potenziale è il 20-30% ma farlo emergere è un’altra cosa. Ci sono giocatori considerati fenomeni che però non fanno bene poi”.

Tu come gm della Roma vedi prima la tecnica o la parte economica?
“Io prima ho detto che facevo il lavoro al 50% di un Ceo e Lina (Souloukou, ndr) si è arrabbiata. Nello scouting della Roma ci sono 4 livelli per dividere gli obiettivi: il primo i campioni, il secondo quelli che potrebbero fare i titolari nella Roma, il terzo che riguarda i calciatori utili ma non più forti di quelli in rosa e il quarto quelli che non servono alla Roma. Nel nostro database abbiamo 5mila giocatori. Io penso che il 50% della lista A non la possiamo prendere. Negli ultimi 3 anni ho dovuto cercare l’equilibrio tra le richieste del tecnico e le capacità finanziarie che abbiamo. Ci sono cose che abbiamo gestito bene come Dybala o Lukaku. Il parametro economico ora è più importante”.

Bisogna prima vendere e poi comprare?
“Io sono portoghese (ride, ndr), si vende sempre prima. Considerando la rosa che abbiamo ereditato con tanti calciatori cronici di infortunio e over 30, più tanti fuori rosa, credo che fare in 3 anni più di 150 milioni di vendita è un buon risultato”.

Non ti dà fastidio che questo non venga sottolineato?
“Il tempo ci dirà come è andata la Roma. Quello dimostrerà il nostro lavoro nella Roma negli ultimi 3 anni. Non siamo fenomeni ma fare 150 milioni di vendite e portare tanti giovani in prima squadra così come Dybala, Matic, Wijnaldum e Mourinho è molto difficile. Ognuno giudica come vuole ma io avevo un grande compito: lasciare la Roma meglio di come l’ho trovata. Finanziariamente non c’è dubbio e continuando così in due anni sarà molto meglio. Penso che anche la rosa sia migliore di quella che ho trovato. Rispetto l’opinione di tutti ma non ci sono dubbi”.

La Roma ha preso Dybala e Lukaku che tutti davano in altre squadre. Possiamo dire che siete stati pronti a sfruttare le occasioni?
“Siamo stati fortunati e gli altri non li volevano (ride, ndr). Secondo me questi due esempi che hai fatto, ed aggiungo anche Mourinho, fanno capire l’ambizione della proprietà nonostante i paletti che abbiamo. Siamo stati bravi nel timing delle tre situazioni. Non voglio parlare di questo ma siamo stati molto svegli ed intelligenti nel timing. Quello che ha fatto la differenza è il lavoro di squadra con la proprietà e l’allenatore. Non voglio fare il paracu*o ma giocatori come Paulo e Romelu o Mourinho sanno che la passione che c’è a Roma non la trovano da altre parti”.

Il timing come è arrivato?
“Ho sempre paura a parlare di queste cose che sono da backstage. Nel caso di Paulo e Romelu, se avessimo lottato con i club nella parte iniziale del mercato non ce l’avremmo fatta. In tutti e due i casi abbiamo chiuso la trattativa in 5 giorni. Serve essere veloci per non farsi superare da club con una parte economica maggiore. Ho avuto anche un po’ di fortuna”.

Si parla troppo di soldi?
“Il calcio è un business importante e genera sponsor e tanti soldi. Normale che si parli di questo anche tra i tifosi. Come si vede con l’Arabia e la MLS questo può sviluppare anche un progetto sociale. Oggi però è impossibile non parlare di soldi”.

L’ingresso dell’Arabia cambia il mercato?
“A fine anni ’90 o inizio 2000 l’Italia aveva tutti i migliori giocatori del mondo e nessuno diceva che era prepotente. Ora vediamo che la Premier prende tutti quelli che vogliono e nessuno dice che sono prepotenti. La Saudi Pro League per me è una cosa normale con un mercato un po’ diverso. Nelle prossime sessioni di mercato ci sarà anche un effetto sociale tra i calciatori. Oggi il giocatore può andare lì sia per soldi sia per il fatto che molti altri giocatori forti sono già lì. Ibanez aveva anche altre offerte ma quando ha visto che Firmino, Mahrez e altri sono andati lì, ha deciso di andare in quel club”.

A te è cambiato il mercato?
“La Roma non può prendere i calciatori che vanno lì. Io se voglio competere con il Brighton faccio fatica. Prima dell’Arabia il gap tra la Premier ed altri aumentava. Ora la Saudi Pro League è un nuovo competitor. Questo è normale, il mercato funziona così”.

Oggi che c’è uno staff molto nutrito è cambiato il ruolo del ds nei confronti della prima squadra o nel supporto al tecnico?
“Con l’allenatore devi essere l’amico critico. Bisogna essere insieme quando le cose vanno male e bisogna avere la capacità di capire come vanno le cose. Una delle cose difficili, almeno per me da gestire, è la diversità di cose da fare nel quotidiano e ci sono dei giorni che arrivi alla fine e ti chiedi quanto sei stato con tecnico o con gli scout. Non è semplice, ma penso che sia un ruolo insostituibile”.

L’anno prossimo sarai ancora a Roma?
“Questa è la domanda meno importante (ride, ndr). Come sai nel pre-partita me lo chiedono sempre, ma come ha detto Mourinho ieri sono molto difensivo. Il rinnovo non è importante, ne parliamo internamente. L’importante è la Roma e come strategia stiamo facendo cose importanti per il futuro”.

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