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Gavio e Girondi: è derby italiano

IL TEMPO (F. CALERI) – Nella lista dei possibili pretendenti a entrare nella gestione del dossier stadio della Roma, rimesso in pista dopo lo stop per l’inchiesta giudiziaria, ci sarebbero due italiani. Il primo è un nome noto dell’imprenditoria nostrana: il gruppo Gavio, con attività che spaziano dalla gestione di reti autostradali (oltre 4mila chilometri tra Italia, Brasile e Inghilterra) alla realizzazione di grandi opere infrastrutturali (dunque anche la costruzione dello stadio di calcio di Tor di Valle) insieme a interessi nei trasporti e logistica, nella tecnologica e nella nautica. Insomma una realtà gigantesca con 10 mila dipendenti e 2.4 miliardi di fatturato nel 2017. Una holding con tutte le carte in regola per entrare sia nella fase di costruzione sia in quella di gestione successiva del complesso sportivo. In fondo sarebbe la replica di un format già sperimentato a Tortona, città di origine della famiglia. La società, infatti, deciso di donare alla cittadina piemontese un palazzetto da cinquemila spettatori, alla quale associare un’altra struttura coperta per l’allenamento della prima squadra, con 400 posti a sedere, campi all’aperto che si alternano ad altri coperti d’inverno e aperti d’estate. L’obiettivo dei Gavio, che sosterranno i costi di costruzione, è quello di avere uno spazio aperto a tutti, dotato di strutture per lo sport per il tempo libero e per la cultura oltre che ad assicurare al Derthona Basket, la squadra locale, un impianto all’aliezza delle ambizioni del club.

Quello che dovrebbe accadere intorno allo Stadio di Tor di Valle. La potenza di fuoco del gruppo forndato da Marcellino Gavio, oggi amministrato dagli eredi, si contrapporrebbe a quella di Giorgio Girondi, fondatore della Ufi Filters, un’azienda specializzata nella filtrazione dei prodotti petroliferi e che serve il mercato automobilistico, il legame con il mondo sportivo sarebbe assicurato dalle forniture alla Formula uno. Ma Girondi è anche nell’advisory board di un fordo di investimento inglese chiamato BluGem capital partners. Da Londra le fonti de Il Tempo assicurano che si tratta di imprenditori serissimi, molto liquidi, poco interessati al calcio, insomma non tifosi e dunque investitori puri. L’interesse  per lo stadio sarebbe stato manifestato dopo la pausa estiva. Non è chiaro se la proposta sia singola, e dunque di Girondi, o a nome del fondo di private equity di diritto britannico fondato nel 2006 da tre italiani: Marco Capello insieme a Emilio Di Spezio Sardo e Marco Anatriello (tutti e tre ex Merrill Lynch Italia). Se fosse vera la seconda ipotesi sull’impianto della Roma si proietterebbe l’ombra di Andrea Agnelli (patron della Juventus). Nell’advisory board, e cioè nell’organismo che decide la strategia di investimento del fondo siede infatti anche rampollo degli Agnelli (insieme a Massimiliano Cagliero, Enrico Vitali, Bob Wigley e appunto Girondi). Agnelli in particolare, ha investito nei vari fondi targati BlueGem tramite la sue holding Lamse, che ha messo risorse per rilevare lo storico megastore londinese Liberty, titolare del marchio Liberty of London (specializzato in abbigliamento e accessori). Bluegem e dal 2010 il primo azionista di Liberty e con l’alleato Lamse vuole esportare il marchio nel mondo. In Italia il fondo BlueGem possiede il 49,5% del gruppo Olicar (che è specializzato nella progettazione, sviluppo e gestione di interventi per l’efficienza energetica di immobili e impianti), il 45,8% di NeoMobile (soluzioni di mobile commerce innovative, contenuti e servizi digitali interattivi) e il 32,8% di Fintyre(distributore di pneumatici di sostituzione leader del mercato italiano). Secondo le indiscrezioni l’interesse di Girondi, e attraverso di lui del fondo inglese, sarebbe rivolto in particobre alla gestione e alla valorizzazione degli spazi commerciali compresi nel progetto dello Stadio sulla scorta dell’esperienza di Liberty.

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