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Mirante: “Potevo arrivare alla Roma già a gennaio. Essere in una grande squadra mi dà stimoli”

Antonio Mirante, portiere della Roma, ha parlato delle sue prime impressioni con la maglia giallorossa. Le sue parole:

Quali sono gli stimoli per questa nuova avventura?
Il fatto di avere un nuovo allenatore ed un nuovo ambiente, dal blasone diverso, mi dà uno stimolo maggiore e mi impone di farlo con dedizione. Cerco di farlo con la massima tranquillità e con un approccio giovane, me lo impone il ruolo e l’importanza della società in cui sono. Devo fare i conti con la mia età, ma per il mio ruolo 35 anni è un’età buona per pensare di essere nel pieno della carriera.

Hai pensato a venire a Roma oppure hai detto subito sì?
Ho pensato ai pro ed ai contro, ma dopo pochi secondi ho deciso. Al di là del ruolo e da quello che farò, ma volevo. Poteva succedere anche nella sessione di mercato precedente, mi ha soddisfatto ed ho spinto per mandarla a buon fine.

I tuoi pregi?
Non sono molto appariscente, sono molto essenziale. Ho buone caratteristiche fisiche nonostante gli anni. Nel calcio di oggi il portiere deve essere un’atleta completo, deve essere il migliore della squadra.

I difetti?
Con Savorani ne sto scoprendo tantissimi (ride, ndr). Ma è un vantaggio perché magari fino ad oggi ho avuto approcci sbagliati, ma non sono permaloso, può succedere, ma lui non me lo fa pesare e mi fa aprire a nuove cose.

Il vostro allenamento è sempre lo stesso, sembra un massacro…
Savorani è molto esigente, cura tanto i particolari e quindi vuole che si perfezioni il lavoro. Possono volerci due ore o tre, ma all’inizio, dove devi inculcare concetti precisi, è giusto che ci lavori tanto. Cura tanto la tecnica ed è per questo che lavoriamo tanto sul campo. Bisogna adattarsi, ma se puoi avere benefici lo fai con un approccio diverso.

E’ cambiato il ruolo del portiere?
All’inizio si diceva che devi essere matto. La pazzia è nella scelta del ruolo, perché affronti situazioni con coraggio, magari chi sta in un altro ruolo non lo fa. Dipende dal carattere e come vivi fuori dal campo. Sono sereno ed equilibrato, aiuta, ma compensa il fatto che ho esperienza e mi fa trattenere dalla pazzia. L’evoluzione del portiere è nel giocare coi piedi, va affrontato assolutamente. Anche da parte degli allenatori c’è l’esigenza che siano preparati a livello tattico e tecnico. Tanti vogliono che la palla si giochi da dietro ed in un certo modo. C’è da allenarsi e mettersi a livello della squadra, perché una palla data in un certo modo può cambiare.

Monchi era un portiere…
Sì, c’è un modo di confrontarsi. Può essere un vantaggio, non sono invadenti, rispettano il ruolo di tutti. Secondo me possono essere un valore aggiunto e ben vengano.

E’ un gruppo importante questo?
E’ molto attaccato all’ambiente. Ti inserisci facilmente perché quelli che sono qui da tempo ti fanno subito capire quanto ci tengono a questo ambiente e quanto stanno bene qui. E’ significativo: l’attaccamento giova tutti e si vede in campo. Puoi stare bene in un posto, ma se non vuoi bene alla società non vai avanti. C’è una spina dorsale che ci tiene alla società e dà beneficio a tutti.

Che consiglio daresti ad un giovane portiere?
Di provare a giocare fuori (ride, ndr). Il consiglio che darei è di prepararsi al sacrificio ed a dedicarsi alla professione al 100%. Sono fondamentali tutti i dettagli e devi voler bene al tuo ruolo.

Fonte: Roma Tv

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