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La Roma alza la voce e Monchi vola a Boston da Pallotta

Arrabbiata. Perplessa. Adirata. Nervosa. Alterata. Allertata. Preoccupata. Diciamo pure incazzata. È la fotografia della società Roma che, certo, a questo punto della stagione, non si aspettava di doversi domandare, ancora una volta, dove è l’errore. Perché l’errore c’è e stavolta si vede pure. Ora c’è da concludere nel miglior modo possibile questa stagione provando a darle quella dignità che chissà dove è finita. […]

James Pallotta non è certo contento di come le cose stanno andando in questa stagione. Questo non vuol dire che Eusebio Di Francesco (che ieri a Trigoria ha parlato a lungo con la squadra nel chiuso dello spogliatoio e lo ha fatto con grande durezza) sia a rischio. Tuttaltro. Il presidente è arrabbiato con tutti, nessuno escluso, ma è anche vero che pur a fronte di un contratto biennale, i conti si faranno alla fine. Se la Roma non dovesse centrare l’obiettivo della qualificazione alla prossima Champions League nel primo anno in cui ai gironi vanno le prime quattro, è una conseguenza che quel biennale non avrebbe più la forza del momento della firma. Fermo restando che nelle intenzioni c’è ancora la convinzione, in particolare di Monchi che ha scelto il tecnico, che la cosa migliore sarebbe quella di dare continuità tecnica piuttosto che ripartire con il quindicesimo allenatore in altrettante stagioni.

Ma il tempo degli esami è soprattutto per i calciatori. Dire che la società è delusa, è un eufemismo. Sia dei singoli che del gruppo. Ci si domanda che fine abbiano fatto i Nainggolan, Dzeko, Strootman, Manolas, Fazio, Perotti, El Sharaawy, Florenzi della passata stagione quando erano stati lo scheletro di una squadra capace di ottenere ottantasette punti e ventotto vittorie in campionato. Non si vuole neppure pensare che il motivo possa essere il rinnovo contrattuale di quasi tutti i citati. Semmai c’è il dubbio che ci sia una colpevole assuefazione alla sconfitta, cioè che non si provi quel dolore per l’insuccesso che fu la cosa migliore detta da Aurelio Andreazzoli nel suo breve e tormentato passaggio sulla panchina romanista. […]

Da un paio di mesi, peraltro, il direttore sportivo ha cambiato l’approccio societario nei confronti dello spogliatoio e dei singoli. Ci sono stati diversi colloqui collettivi, ma anche parecchi confronti ad personam, tutti improntati alla durezza piuttosto che a giustificazioni o alibi, con l’obiettivo di dare un’anima a squadra e giocatori. La risposta è stata pessima. In questo senso se Pallotta è logicamente arrabbiato, non ci vuole Einstein per capirlo, lo è ancora di più el señor Monchi. Arrivato con l’etichetta di vincente da Siviglia dove si era divertito, aveva vinto e garantito plusvalenze da applausi al suo club, in dieci mesi romani ha scoperto l’altra faccia della medaglia. La faccia, inquadrata dalla televisione, con cui seguiva gli ultimi minuti del tracollo con il Milan, diceva tutto. […]

Oggi trascorrerà l’intera giornata con il presidente. I due hanno un appuntamento. Con una società americana di quelle cosiddette di Big Data, ovvero società che brevettano nuovi, più veloci e sofisticati metodi di scouting. Un aspetto del calcio del terzo millennio a cui da sempre Pallotta è molto sensibile. Una volta finito l’incontro con la società americana, i due continueranno a stare insieme per tutta la giornata. Per fare un quadro generale del momento, ma anche per immaginare eventuali strategie di mercato. Perché a oggi queste strategie si possono soltanto immaginare. Il budget che ci sarà o no, dipenderà da molti fattori che solo nelle prossime settimane potranno diventare realtà oppure no. Ovvero: la qualificazione diretta alla prossima Champions League con tutto il suo carico di cash, il passaggio di un altro turno della stessa coppa e pure qui ci sono in ballo diversi quattrini, l’arrivo, finalmente, di un main sponsor. […]

Fonte: il romanista

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