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La Stampa Anna Frank non vale una squalifica. Il calcio sceglie di dimenticare

Adesivi antisemiti Curva Sud

(M. De Santis) A due giorni dalla Giornata della Memoria, con un tempismo singolare, il ponzio pilatesco microcosmo del calcio italiano ha preferito dimenticare. Perché, nonostante la «forte e decisa censura» formale del Tribunale nazionale della Figc per salvare le apparenze, derubricare gli adesivi raffiguranti Anna Frank con la maglia della Roma con una multarella da 50 mila euro è un sostanziale far finta di nulla: altro che i due turni a porte chiuse per la Lazio chiesti dal procuratore federale Giuseppe Pecoraro, meglio nascondere la polvere sotto il tappeto con una sopportabile sanzione pecuniaria.

Una decisione, contro cui la Procura federale ha annunciato l’appello presso la Corte d’Appello federale, che rivoluziona e affievolisce l’interpretazione dei principi della responsabilità oggettiva, vecchio cavallo di battaglia di Lotito. «La Società ha posto in essere tutte le misure idonee e previste dalle normative vigenti per garantire efficaci misure di controllo», recita la sentenza dell’organo di giustizia presieduto da Cesare Mastrocola, ex presidente di sezione del Tar entrato nel mondo della giustizia calcistica nell’estate del 2016 dalla porta della Commissione dei Saggi – incaricata da Tavecchio di esaminare la richiesta laziale di assegnazione dello scudetto (ex aequo con il Genoa) del campionato 1914/15 – e pochi mesi dopo nominato presidente del Tribunale nazionale federale. Morale della favola: per l’esiguo numero di responsabili, il rispetto delle disposizioni di sicurezza del Gos, le ridotte dimensioni degli adesivi (quindi difficilmente individuabili) e l’inidoneità degli steward a perquisire gli spettatori, in Lazio-Cagliari dello scorso 22 ottobre, non è stata ravvisata nessuna condotta negligente o imprecisa da parte del club biancoceleste.

FINTA INIZIATIVA ANTIRAZZISTA – «Non sussistono i presupposti per infliggere la sanzione della disputa di due giornate a porte chiuse in quanto verrebbe penalizzata la quasi totalità della tifoseria laziale per il becero comportamento di solo venti persone», la motivazione che limita la punizione a una multa da 50 mila euro. Lazio soddisfatta della sentenza, Procura federale che annuncia il ricorso in appello e appuntamento al prossimo grado di giudizio. Meno male che quella sera in Curva Sud, feudo del tifo romanista eccezionalmente occupato dagli ultrà biancocelesti, si entrava al prezzo di favore di un euro, grazie all’iniziativa «We Fight Racism», per «sostenere la squadra e testimoniare il rifiuto verso ogni forma di razzismo, sia esso di razza, religione, sesso o politica». Nient’altro che un escamotage partorito per far traslocare la Nord chiusa per razzismo da una parte all’altra dell’Olimpico.

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