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CORRIERE DELLA SERA La tendenza: la rivoluzione parte dalle grandi. Stravolte le rose per ricominciare

Romagnoli
Romagnoli

(G. De Carolis) Si cambia. E si spende, tanto. «Spesso però commettendo un errore: si assecondano troppo gli allenatori che hanno esigenze sulla quotidianità e non sempre queste combaciano con quelle del club».
Si rifonda, si ricostruisce o più semplicemente c’è chi prova solo a cambiare pelle.

In questo mercato gli investimenti delle big sono stati pesanti. Milioni hanno messo sul piatto Milan e Inter, senza timore di rinnegare le scelte della passata stagione e puntare su volti nuovi. Bacca, Luiz Adriano, Romagnoli per i rossoneri, Jovetic, Kondogbia Miranda, Murillo i nerazzurri, solo per citarne alcuni. Pure la Juve ha dovuto aprire la borsa per sostituire Pirlo, Tevez e Vidal, con Khedira, Dybala e Manzdukic e ancora dà la caccia a un trequartista. La Roma ha incassato per Romagnoli e Bertolacci, ma pagato per Dzeko, Salah e Iago Falque e ancora cerca un terzino. Il Napoli ha confermato i migliori, giocandosi le scommesse Allan e Valdifiori e richiamando in porta Reina. Si girano le pedine e variano i moduli: l’obiettivo è tornare in alto, se a vincere proprio non si riesce.

Pierpaolo Marino, da pochi giorni ex direttore sportivo dell’Atalanta, ha un’idea chiara. «Nella Juve vedo programmazione. Hanno anticipato la rifondazione, perché il rischio era di finire come l’Inter del Triplete e di far morire la squadra. Intelligente non ricostruire a fine corsa, ma quado sei al top. Se Dybala e Mandzukic fanno i gol di Tevez avranno avuto ragione Marotta e Allegri. E sono convinto che finirà così».

Non tutti però hanno seguito la stessa linea e soprattutto i top player alla Di Maria, pagato 65 milioni dal Psg, in Italia non vengono più. «Solo la Juve li può convincere. Cavani a Torino sarebbe andato. Ma oggi i calciatori di altissima fascia non scelgono squadre senza continuità in Champions League».

Quest’anno però le spese sono state sostenute. «È dovuto alla tanta liquidità arrivata con il nuovo contratto televisivo: il 30 per cento in più. Tutti si rinforzano per entrare in Champions, perché non farlo per un club di fascia alta ha lo stesso devastante impatto economico di una retrocessione per una piccola squadra. La Juve resta davanti, il Milan se completa il mercato può arrivare secondo, il Napoli è da terzo posto, all’Inter manca qualcosa».

L’esperto direttore sportivo del Bologna, Pantaleo Corvino, è convinto però che non ci sia un’adeguata conoscenza dei giocatori. «Come può un allenatore impegnato tutti i giorni sul campo valutare un calciatore di un altro campionato? I top player li conoscono tutti. Anche mio nipote alla Playstation è in grado di comprare Di Maria, Ronaldo, Messi. Ma gli altri li devi andare a scovare, seguire, vedere. Serve una rete e continuità. In Italia si va verso il modello anglosassone, quando lì hanno costruito prendendo spunto da noi». Marino è ancora più netto: «I nostri tecnici non sono aggiornati sullo stato di un giocatore, sul periodo di carriera che attraversa. Agli allenatori italiani mancano staff adeguati e si vanno a prendere magari scarti di grandi squadre in parabola discendente. Il Bayern può mai svendere un buon giocatore? Se li vuoi i grandi li devi pagare».

L’ex ds di Perugia, Torino e Bologna, Fabrizio Salvatori, aggiunge: «Da noi vengono giocatori senza un rendimento continuo. Salah magari fa bene per venti partite, ma non basta per vincere. La differenza tra un campione e un buon calciatore è il rendimento fisso ad alto livello. In Europa le differenze poi si notano. Vedrete, vincerà ancora la Juve. Le altre all’inizio terranno per un po’ il passo, poi non ce la faranno a starle dietro».

Anche Corvino pronostica «una Juve favorita ma con solo un’incollatura sulla Roma. Poi c’è il Napoli che mi intriga, una sfida pericolosa ma bella. Sono curioso di vederlo con il nuovo modulo, questo 4-3-1-2 con gli stessi interpreti della passata stagione piazzati in zone diverse. Se Sarri riuscirà a esaltarli può venire fuori uno spettacolo. Hamsik mezzala è una bella sfida».

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