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CORRIERE DELLA SERA Stop ai giudici di porta: la Figc ha finito i soldi. Ma la A può pagarseli

Carlo Tavecchio
Carlo Tavecchio

(F. Monti) Tavecchio di abolire dalla prossima stagione gli arbitri addizionali (giudice di porta), introducendo le telecamere sulla linea di porta per il gol/non gol (Glt) ha già provocato una forte irritazione da parte dell’Uefa. Perché si buttano al vento tre anni di lavoro; perché si cancella una soluzione, da sempre sostenuta da Platini (e non da Blatter); perché c’è il rischio che in area torni a succedere di tutto, senza che l’arbitro veda. Lunedì a Radiotre, Tavecchio ha spiegato che la scelta nasce da motivi economico-finanziari non negoziabili: per gli arbitri, la Figc spende dai 40 ai 45 milioni (700.000 le partite in una stagione, dalla serie A ai Dilettanti); il Coni ha tagliato alla Figc 18 milioni di euro; la crisi è sempre più acuta. Che il servizio arbitrale debba essere fornito dalla federazione a titolo gratuito a tutte le società è una consuetudine, non un dogma. Ora che non ci sono più gli introiti del Totocalcio che aveva consentito un’età dell’oro a tutto lo sport, con finanziamenti a federazioni capaci di sperperare un tesoro, sarebbe necessario recuperare il significato essenziale dei contributi del Coni, che dovrebbero essere finalizzati allo sviluppo del movimento, coltivando vivai, settori giovanili, Nazionali (compresa quella femminile) e lavorando sulla preparazione dei tecnici. Come già avvenuto in passato, sarebbe ora che le tre Leghe pro (A, B e ex C) riprendessero a pagare l’attività degli arbitri, con successivo addebito alle società.

La serie A incasserà dalla prossima stagione un miliardo e 200 milioni all’anno (fino al 2018) dai diritti tv; ce n’è quanto basta perché le 20 società si paghino arbitri, assistenti, addizionali, magari rinunciando a un giocatore, visto che le rose andranno ridotte. Serie B e Lega Pro vanno incontro a pesanti tagli, ma hanno sei mesi per studiare una formula che consenta ai club di coprire le spese arbitrali. Una delle obiezioni è legata al fatto che gli arbitri, stipendiati dalle società, finirebbero per essere condizionati dai loro «datori di lavoro». Il discorso non regge più, visto che in A e B, anche se su piani differenti, esiste il professionismo, uno dei motivi per i quali gli arbitri sono comunque condizionati. E semmai il problema attuale è legato ad una preparazione non all’altezza delle aspettative, come si vede osservando soprattutto le partite di serie B costellate di errori, nonostante quanto si diverte a raccontare il presidente dell’Aia, Nicchi. Conservare gli addizionali si può. Sempreché lo si voglia. E che si lavori sulla qualità della «squadra». Come succede per le coppe europee.

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