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IL FATTO QUOTIDIANO Il violino di Garcia batte le manette

Garcia
Garcia

(L. Pisapia) – Mimare il gesto di suonare uno strumento in mezzo alle macerie, musica soave nel frastuono della guerra che scoppia tutto intorno. L’immagine potrebbe essere quella de Il Pianista di Polanski, con Adrien Brody curvo sulla tastiera di un pianoforte mentre le truppe tedesche invadono e distruggono il ghetto di Varsavia. Invece è quella di Juventus- Roma, con Rudi Garcia che finge di suonare il violino mentre antiche rivalità e rinnovate ingiustizie si consumano ed esplodono sul terreno di gioco.

È il ventisettesimo del primo tempo, e l’arbitro Rocchi ha assegnato ai bianconeri un rigore che le moviole serali decretano all’unanimità ingiusto: la situazione è tesa, e quel fischio segna lo scoppio di una guerra che durerà un’altra ora abbondante, tra altri fischi, altri falli, diversi cartellini e pesanti conseguenze. È il ventisettesimo del primo tempo e Garcia mima il gesto del violino, l’arbitro Rocchi se ne avvede, e lo espelle: fuori, a seguire il resto del match in tribuna, dove Garcia farà anche in tempo a litigare con un tifoso. In termini di regolamento l’espulsione ci può stare, letto il referto arbitrale il giudice sportivo ieri ha ammonito con diffida il tecnico giallorosso e lo ha multato di cinquemila euro. In termini estetici no. Poche ore prima, durante Chelsea-Arsenal in Premier League i tecnici Wenger e Mourinho, rivali antichi non quanto Juve e Roma ma quasi, si azzuffano, vengono alle mani, e sono divisi dalla panchina del Chelsea. L’arbitro non prende provvedimenti.

Se quattro anni fa, a seguito dell’espulsione di Samuel e del giallo a Cordoba,José Mourinho fece il celebre gesto delle manette rivolto all’arbitro Tagliavento (quarantamila euro di multa e tre giornate di squalifica per il tecnico portoghese, che a fine stagione avrebbe vinto il triplete e salutato l’Italia), in un calcio dove si festeggia sventagliando mitraglie, facendo saluti militari e altre corbellerie belliche assortite, suonare il violino in mezzo alle macerie sembra invece un gesto quasi sublime. Il gesto di chi cerca la bellezza anche dove non c’è.

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