Sognare è bello, quando son belli i sogni e tutti dicono che non costa niente, in termini economici almeno.
Eccedere nei sogni può però avere un costo emotivo, se così si può dire, per esempio per quanto concerne le frustrazioni che seguono alla disillusione.
L’ipotetica rimonta della Roma cos’è, in termini onirici? Solo un sogno suffragato da appigli matematici? Una ricaduta – molto romanista – nelle chimere che siamo così bravi a generare per poi provare il gelido risveglio che così ben conosciamo? Nel dubbio, bisogna sempre affidarsi a coloro di cui ci si fida e a qualsiasi romanista Rudi Garcia ispira fiducia e suggerisce l’idea di un individuo, oltre che allenatore, coi piedi per terra, ben piantati anche nella realtà del calcio italiano. Rudi Garcia dice che, quantomeno, ha senso crederci, che vale la pena stare alla finestra per vedere cosa accade; questo è ben diverso dal cullare sterili speranze: questo è realistico buon senso. Potremmo tradurre, pescando nel motto di illustri pensatori politici, con “ottimismo della volontà, pessimismo della ragione”. Almeno fino allo scontro diretto, ben sapendo che quello che è già capitato ha un peso specifico elevato, checché ne dicano Nicchi e Braschi, e che già questa analisi porta a dire che il distacco che ieri si è ridotto è comunque bugiardo rispetto ai rapporti di forza evidenziati da tre quarti di stagione.
Però se per Garcia ha senso guardare avanti, solo avanti almeno finché c’è margine da giocare e prospettive per seguire attentamente le sorti altrui, allora non siamo sciocchi neppure noi quando attribuiamo un senso al finale di stagione guardato dal basso in alto. Altro che Napoli da tenere a distanza, perché altrimenti anche Garcia avrebbe preferito che al San Paolo la Juve si portasse avanti con le pratiche-scudetto.
Il tutto, mi raccomando, senza fare tabelle: quelle hanno sempre portato sfiga, scusate il termine. Cagliari-Roma, prossima fermata.
Paolo Marcacci