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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

Destro

Ci sono momenti, nel corso del primo tempo, in cui si è portati a chiedersi se questo Roma-Torino non sia in realtà come Marte, visto che si ha il dubbio circa il fatto che sul terreno dell’Olimpico esistano o no forme di vita.
In mezzo al cosmico interrogativo, tra un rilancio di Moretti e un rimprovero di Ventura – accolto con le attenzioni che meritava – a Darmian, qualche fiammata giallorossa: rasoiata di sinistro di Pjanic, esecuzione pregevole e dalla coordinazione perfetta di Alessio Romagnoli con il medesimo piede, imbeccata di Totti per Destro che accarezza rasoterra l’uno a zero, senza riuscire a ghermirlo. In tutte e tre le occasioni, Padelli è ben piazzato, istintivo e parecchio reattivo: tre aggettivi che contribuiscono a fare un buon portiere.
E Gervinho?
Non si vede moltissimo perché gli spazi sono quello che sono, visto il 3-5-2 col pellicciotto allestito da Ventura, che per l’occasione ha abbastanza snaturato la sua vocazione manovriera in trasferta; al minuto quarantuno però Gervais Yao Kouassi piazza una serpentina a freddo per vie centrali, con la quale trova un varco al di là della “tana” torinista: la sfera forse è sporcata da un tocco di Kurtic, forse no; nel momento in cui parte, lo scarpino giallo di Mattia Destro è già al di là della linea difensiva: “fuorigiochino”, questo campionato ha già mostrato di non scandalizzarsi per episodi molto più osceni, a livello arbitrale. Sta di fatto che a quel punto, cercando a pelo d’erba la velocizzazione del raggiungimento della sfera, riesce ad impattarla in anticipo sul pur bravo Padelli e confeziona una segnatura – mi prendo la responsabilità del paragone – degna del miglior Benzema.
Si va al riposo con un vantaggio che pesa tantissimo e col mollusco del risultato faticosamente estratto dal guscio granata. Impressioni sparse: pochi elementi per giudicare l’esordiente Toloi, comunque affiatato con Castan; un’entrata ruvidissima di Nainggolan su Glik che Bergonzi sanziona con un giallo dalle sfumature arancioni, ma che non cela intenzioni maligne.
Il tempo di risistemarsi sul seggiolino e – minuto cinquantuno – parte un lancione col contagiri di Vives che vede partire da sinistra Immobile con la maiuscola; quello con la minuscola nell’occasione appare Toloi, che lo lascia anche arrivare: esecuzione di piatto sinistro al volo che si infila a mezz’aria sul palo più lontano, la smorfia di De Sanctis è una via di mezzo tra sorpresa e disappunto.
Uno a uno, gara scorbutica e coefficiente di difficoltà che si moltiplica.
Si picchia discretamente, là in mezzo: tanto agonismo e un po’ di nervi che salgono di giri; qualcuno nella mediana giallorossa arranca.
Immobile prova a pungere di nuovo, trovando varchi con facilità eccessiva; la Roma prova a spingere ma le idee non sono lucide e gli sbocchi rari, visto anche il caotico spingere di Maicon da destra. Il Toro adesso, metà ripresa, riparte un po’ di più e sempre più spesso in superiorità numerica: Cerci passa a qualche centimetro dall’uno a due.
Minuto settanta: Ljajic e Bastos per Totti e Romagnoli, Garcia cerca più spinta a sinistra e confida nella giocata secca. Entratine ed entratacce, molta densità in mezzo, ricerca dell’accelerazione giusta sui due fronti. Maicon chiama la Sud alla spinta finale, alla Sud piacerebbe un Maicon più preciso. Toloi ha uno dei compiti più ingrati per il suo esordio, ne tengano conto i critici: Immobile, ironia di cognomi e aggettivi, sgomita e s’insinua appena può.
Entra Taddei? Si, anzi no: Florenzi sul filo dell’ultimo ripensamento, granelli di clessidra cadono e irrobustiscono l’uno a uno, i granata – di celeste vestiti – sono corti, tanti e compatti. Destro di Toloi dalla distanza al minuto ottantacinque, Padelli para ma forse oltre la linea: angolo, che Ljajic dilapida. Forse un paradigma dell’incompiutezza? Roma sul pezzo, comunque, per quanto stanchissima ; Toro più fresco e arroccato, come si diceva un tempo con terminologia scacchistica. C’é speranza che qualcuno muova la pedina giusta? Si! Florenzi al secondo di recupero, a incrociare su un cioccolatino di Gervinho, dopo una ripartenza orchestrata da Maicon dopo un errore indovinate di chi? Immobile, che resta tale per la costernazione. Fischia Bergonzi, fischia, che pare un sospiro di sollievo quel trillino.

Paolo Marcacci

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