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IL TEMPO Bianchi: “Roma e Napoli al pari della Juve”

Ottavio Bianchi

(A. Serafini) Una vita passata sui campi da calcio iniziata da calciatore e proseguita poi da allenatore: Ottavio Bianchi si avvicina all’attesa sfida dell’Olimpico tra Roma e Napoli con la curiosità e l’esperienza di chi conosce bene pregi e difetti delle due piazze in cui ha conquistato uno scudetto, due Coppa Italia e una Coppa Uefa.

Roma-Napoli. Prima sfida scudetto del campionato?

«Non sarà una gara decisiva, sicuramente significativa. Vedrete che sarà un campionato avvincente, insieme alla Juventus Roma e Napoli mi sembrano le più accreditate per una possibile volata finale».

È rimasto colpito dall’immediata rinascita romanista?

«No, me lo aspettavo. Negli ultimi due anni, nonostante la mancanza di risultati, la Roma ha avuto a disposizione sempre un’ottima rosa».

Cosa non ha funzionato allora?

«Questo ambiente lo conosco bene, a Roma ci ho lavorato. Devono funzionare tante altre situazioni, a partire proprio dall’ambiente».

In che senso?

«Ora c’è una società, una stampa diversa, mi sembra si sia fatto un passo in avanti».

A suo tempo cosa è accaduto?

«Mi ricordo che l’ingegner Viola era scomparso da poco e noi a Trigoria stavamo preparando due finali (Coppa Italia Coppa Uefa ndr) e mi sono trovato ad affrontare altri problemi di gestione. L’ambiente era molto più contento perché eravamo davanti in classifica alla Lazio. Diciamo che adesso mi sembra di vedere un ambiente meno provinciale».

Garcia e Benitez, il calcio italiano parla sempre più straniero.

«Però anche gli italiani fanno bene all’estero. Il trucco è conoscere un minimo l’ambiente in cui si lavora».

Lei in chi si rivede dei due?

«Sono rimasto favorevolmente impressionato da entrambi, mi piace il loro comportamento dentro e fuori dal campo. Adesso si parla giustamente di Benitez e Garcia, ma non dimentichiamoci anche dell’ottimo lavoro svolto nella Lazio da Petkovic».

Dica almeno chi è favorito

«Non esistono favoriti in partite del genere. Il Napoli ora sembra meno monotono, ma rimane una sfida tra due realtà importanti, con giocatori in grado di spostare il risultato».

E lei di campioni ne ha visti e allenati.

«Ho avuto il privilegio di vivere tra i giocatori più forti del mondo. Non c’era solo Maradona in quel Napoli».

Ora c’è Totti

«Basta che non mi chiedete di fare una classifica (ride). Sa cosa significa fuoriclasse? Un giocatore al di fuori dalla classifica. È solo questione di gusti, è come dire se ti piace di più Chopin o Beethoven».

Se fosse Prandelli lo porterebbe ai Mondiali?

«Sa cosa diceva Oscar Wilde? “È sempre sciocco dar consigli: ma dare buoni consigli è fatale”. Prandelli è un otti mo ct, ha il ruolo giusto per prendersi una responsabilità come questa. Aspettiamo però il termine della stagione, le cose nel calcio cambiano in fretta».

A proposito di calcio italiano, lei in carriera ha allenato in città come Napoli, Roma e Milano. Quante volte le è capitato di assistere ad episodi di discriminazione territoriale?

«(ride) Io venivo insultato anche dai miei stessi tifosi. Il problema è l’educazione sportiva sbagliata che fa parte della cultura del nostro calcio da sempre».

Una soluzione?

«Cambiare pian piano le abitudini e debellare chi va allo stadio per rovinare lo spettacolo. Sta diventando sempre più un calcio virtuale, il mio consiglio è uno solo: andate allo stadio e divertitevi».

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