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IL ROMANISTA Col lavoro Bradley diventa eroe. E ora sfida la sua ex squadra

Bradley

(D. Galli) – La fortuna uno se la deve cercare.Garcia ha ragione. Infatti la Roma l’ha cercata e l’ha trovata. L’ha trovata in Michael Bradley, il calciatore tutto casa e lavoro, anzi tutto lavoro e casa, che spunta dal nulla, da uno 0-0 scritto e ormai sottoscritto dai romanisti rassegnanti all’evidenza, alla statistica che diceva che l’Udinese non perdeva in casa da oltre un anno e dalla discrezionalità di Bergonzi, che aveva graziato Muriel ma non Maicon. Loro erano rimasti in undici, noi in dieci, però con l’asso in più, quell’americano che quasi nessuno si ricordava più, quasi un Carneade nel firmamento della mediana romanista. Quell’americano che si candida per un posto contro il Chievo, contro la sua ex squadra, magari nell’ipotesi che Garcia decida di spostare in avanti Pjanic. «Il gol è il coronamento della professionalità e della volontà che ha il ragazzo. Purtroppo è arrivato un infortunio a inizio campionato ed è stato condizionato su quella che era la prospettiva di una maglia da titolare. Dare alla possibilità alla Roma di rimanere prima in classifica, conquistando una vittoria importantissima è solo da premiare».

Sono le parole a vocegiallorossa.it di Paolo Alberto Faccini, che per tutti sarà solo l’agente di Bradley ma per i romanisti è un Campione d’Italia. Ieri è stato bombardato di sms, di telefonate. Strano, eh? «Michael – racconta Faccini – è stato sempre dichiarato incedibile dalla Roma, dalla società, da Sabatini. Sicuramente il mister ha visto le sue doti durante il ritiro e sarà un giocatore importante da qui alla fine»Bradley sarà importante. Non è una congettura di Faccini, non è una sensazione, è un dato di fatto. Perché l’importanza, come la fortuna, va sempre cercata. Michael se l’è costruita pezzo per pezzo, allenamento dopo allenamento.

Raccontano che dopo quel dannatissimo infortunio con la nazionale contro il Costa Rica stesse parecchio giù. Comprensibile, veniva dall’esordio col Livorno, poi la partenza in panchina e una ventina di minuti da subentrato contro il Verona. Ma veniva soprattutto dalla consapevolezza che per trovare un posto in questo centrocampo da sogno servisse sgomitare, metaforicamente si intende. Poi ha fatto come gli americani della East Coast, s’è rimboccato le maniche. Si presentava a Trigoria un paio d’ore prima dei compagni, perché doveva guarire e doveva farlo il prima possibile e lo faceva in maniera metodica. Quasi maniacale. Veniva per primo e andava via per ultimo. È il culto del lavoro, prima ancora che quello della maglia, è l’atteggiamento di chi nella vita arriva sempre perché non si smarrisce per strada. Sul Tom Tom di Michael c’era una sola destinazione. Trigoria. La Roma. Garcia. Dicono che sia rimasto stupito da tanto clamore, da così tanto chiasso per nulla.

Bradley ringrazia, ma crede di aver fatto semplicemente il suo dovere. Il gol è un premio alla costanza. E quella invece non va cercata, o ce l’hai o non ce l’hai. Ed è in questo senso, è solo in questo senso, che la Roma è fortunata. Perché ha la costanza, perché ha Bradley, e perché di Bradley ne ha altri dieci. Ogni volta. Su ogni campo.

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