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CORRIERE DELLA SERA Gervinho, la bella sorpresa che viaggia a tutta velocità

Gervinho

(L.Valdiserri) – Qualcuno (anche tra i tifosi della Roma) pensava che fosse brasiliano, per via del soprannome Gervinho, e non ivoriano. Qualcuno (tifoso dell’Arsenal) aveva messo in rete un filmato con tutti i suoi errori davanti alla porta avversaria. Qualcuno (sprovvisto di specchio in casa) trovava spiritoso definirlo «il giocatore più brutto di tutta la Premier League». Nessuno immaginava che sarebbe diventato un pezzo forte della Roma capolista e, per di più, cannoniere della squadra con 3 gol (come Florenzi e Ljajic). Non c’è da stupirsi, mettendo insieme tutti i pezzi del puzzle, che sulla piazza di Roma il suo arrivo non sia stato accolto con la fanfara. «Otto mijoni pe’ Gervinho? » era la domanda più gettonata sulle radio private. Il tono si alzava alla scoperta che c’erano eventuali bonus a risultato, fino a 1,75 milioni, da versare all’Arsenal.

L’acquisto veniva catalogato come «un capriccio dell’allenatore», anche se era riconosciuto che «era l’unico». Sì, perché Rudi Garcia credeva in Gervinho ancor più del Gervinho stesso. I due si conobbero a Le Mans, stagione 2007- 2008: l’ivoriano veniva dal Beveren, campionato belga, dove aveva segnato 14 gol in 61 partite appena diventato maggiorenne. Nella città della 24 ore andò a buona velocità: 8 gol in 59 partite, non pochi considerando che il campionato francese è di livello più elevato. È stato a Lille, dove Rudi Garcia si era spostato un anno prima, che Gervais Yao Kouassi è diventato a tutti gli effetti Gervinho (cioè un brasiliano) anche per il calcio internazionale. Ventotto gol in 67 partite, un numero equivalente di assist, il titolo francese e una Coppa di Francia, l’approdo alla Champions League.

Per lui, con un’altra maglia. Quella dell’Arsenal. L’esperienza con i Gunners — 9 gol in 46 partite — è stata il passo falso della carriera. «Fiducia» è stata la parola chiave che Arséne Wenger non è riuscito a trasmettere al giocatore. Gervinho sa fare tante cose, ma sempre e solo a grande velocità. È della categoria di «chi si ferma, è perduto». Si spiega così l’errore dal dischetto che costò alla Costa d’Avorio la finale in Coppa d’Africa 2012 contro lo Zambia. La Roma, nel suo passato, ha avuto giocatori che «correvano più veloci della palla» per poi non ritrovarla. Uno fu Caniggia, e un altro Edgar Alvarez, detto Arvaretto, per il quale la curva Sud inventò uno dei cori più belli di sempre: «Tutti Alvarez, tutti Alvarez, a mostrar le chiappe chiarez». Gervais non rallenta e qualche gol continua a mangiarselo, ma contro Parma e Bologna ha dimostrato che sa anche buttarla dentro.

Sabato lo aspetta San Siro, la Scala del calcio dove poteva giocare nella Champions 2012. Wenger, invece, non lo schierò all’andata, contro il Milan, quando i rossoneri strapazzarono i Gunners per 4-0. C’era, invece, il 6 marzo, nel 3-0 con cui l’Arsenal fece vedere le streghe ad Allegri&company. Sempre sulle montagne russe, ma ora c’è Rudi Garcia. In una parola: fiducia. E alle tifose della Roma, Gervais, sembra pure bello come Osvaldo.

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