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LA REPUBBLICA De Rossi attacca Roma: “Calunnie vergognose”

Daniele De Rossi

(E.Currò) – L’Italia sarà anche lontana, a novemila chilometri di distanza. Ma un oceano di mezzo non basta a dimenticare dalla spiaggia di Barra da Tijuca i problemi lasciati in patria e lo dimostrano bene i casi di Marchisio, El Shaarawy e De Rossi, in cui s’intrecciano mercato, club e Nazionale. Domani a Recife col Giappone Marchisio sarà oggetto del miniturnover azzurro: fuori lui e Abate, dentro Aquilani e Maggio. Intanto ha lasciato intendere che il divorzio dalla Juventus è probabile, perché il rapporto si è deteriorato. «Non è un problema di soldi, c’è anche qualcos’altro».

Lo sfogo più clamoroso, però, è stato di De Rossi. E il sorriso muto col quale ha accolto la domanda più scontata (resterà alla Roma?) lascia più che mai aperte le porte al divorzio di un altro pilastro della Nazionale.

De Rossi, in maglia azzurra si dimenticano i problemi? 

«Alcuni no. Sono due mesi che convivo col dolore a una caviglia destra. Giocarci sopra non mi ha fatto bene, ma ci sono riuscito. Ringrazio i medici della Nazionale. Comunque, attenzione agli eccessi di euforia».

Allude alla Confederations Cup del 2009?

«Esatto. Anche quattro anni fa negli Usa partimmo bene, battendo gli Usa, e poi è andata come è andata. Ciò non toglie che la vittoria sul Messico sia molto importante. Malgrado le quasi 90 presenze in Nazionale, entrare al Maracanã, con tutta la sua storia, mi ha emozionato. Per fortuna ho giocato abbastanza bene, penso ».

Come le capita in maglia azzurra e un po’ meno nella Roma.

«Ma io affronto le partite alla stessa maniera, sia nella Roma che in Nazionale. Respingo tutte le dicerie. Anche se poi, siccome sono un ragazzo onesto, devo fare una valutazione. Alcune volte sono stato il migliore in campo in Nazionale, dove le cose vanno molto bene, anzi molto più che molto bene. Invece alla Roma faccio una partita buona e una non buona».

Da che cosa dipende?

«Non so se sia una questione ambientale o mia personale. Se giochi al Maracanã ti guarda tutto il mondo, quindi in teoria la pressione dovrebbe essere maggiore. Nella Roma la pressione è meno mondiale, ma più passionale. E a volte rischia di confondermi. Negli ultimi due anni non abbiamo ottenuto i risultati che volevamo».

E’ questo che le dà fastidio?

«No. Più che la mancanza delle coppe europee sono altre le cose che mi danno fastidio, della situazione romana. Il fatto di essere costretti sempre a negare accuse folli o le dicerie più becere. Questa è una cosa grave».

Le altre? 

«E’ possibile che, quando vengo in Nazionale, io sia considerato non dico una stella ma un giocatore importante, mentre a Roma devo stare attento a come mi muovo o a quello che dico? Su di me nascono calunnie vergognose. E chi calunnia, per me, è peggio di chi fa la spia. A Roma si vive anche di calunnie. Uno sa da dove vengono e imparaa conviverci. Certo, se gioco male è per colpa mia e se gioco bene è per merito mio. Però…».

Però? 

«Però bisogna essere lucidi nel giudicare. E’ capitato che io abbia giocato bene. E nessuno se n’è accorto ».

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