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IL ROMANISTA La Roma vuole tenerlo per sé

De Rossi Italia

(D. Galli) – C’è il «forza la Magica» di Rudi Garcia e c’è il forza-il-De Rossi che canta l’Italia. Che si salva dal torello e dal tracollo col Giappone perché l’uomo del destino è quello forse meno atteso, l’inzuccata che non t’aspetti nella penombra dove s’era confinata la Nazionale, il mediano bomber, 15 gol in azzurro e tanti altri numeri che lo stanno facendo il romanista più azzurro nella storia dei romanisti e che i romanisti dovrebbero considerare un onore. Eppure, vallo a spiegare. Difficile far capire che una cosa non esclude l’altra, che l’amore per la Roma è sconfinato ma che questo non significa che ce ne debba essere di meno per l’Italia e che, soprattutto, se è vero che le prestazioni con l’Italia sono state migliori di quelle con la Roma, questo non vuol dire che da parte di De Rossi ci sia più impegno con la prima rispetto alla seconda.

Su vivoazzurro.it, “sito ufficiale dei tifosi delle nazionali e del calcio italiano”Daniele è stato votato migliore in campo con il 30% dei voti, davanti a Giaccherini (23%) e Giovinco (15%). Migliore tra i peggiori, ma questo è un altro discorso, perché i migliori l’altra sera indossavano una maglia bianca. Quando in Italia era notte fonda, De Rossi ammette: «È stata la partita più difficile della mia vita. Dopo 60’ sembrava che ne avevamo giocato 200. Il risultato non è meritato, però l’Italia non è questa. L’azzurro? Per me questa maglia è una cosa gigante. Mi dispiace per l’ammonizione che mi costringerà a saltare il Brasile, però è giusto che giochino altri. Il tatuaggio di un tackle sul polpaccio? Niente di particolare. Un mio amico rugbista si era fatto tatuare un placcaggio, io ho scelto questo. Io cattivo? Solo un pochino». Un pochino. Parecchio. Il giusto, però.

Gli chiedono della Roma, gli chiedono di tornare a parlare di un sentimento adesso contrastato, della sensazione di non sentirsi più amato. «Se la Roma non deve liberarsi di uno forte come me? Non c’entra niente. È un discorso che si dovrebbe fare anche quando gioco male. È un discorso molto più ampio, che non devo fare io». È un discorso che non deve fare lui perché lo deve fare la Roma. Anzi, lo deve fare Rudi Garcia. Il nuovo tecnico romanista ha rivelato di «avere inviato un sms ai giocatori per comunicargli la volontà di parlargli individualmente». Ha posto il veto sul mercato, vuole essere ascoltato su ogni operazione, nessuno viene o va senza il suo ok. Tradotto, terminata la Confederations Cup, ma forse più probabilmente una volta che Daniele sarà tornato dalle vacanze, parlerà anche – o meglio, soprattutto – con De Rossi. «Servono giocatori di talento e fortunatamente alla Roma ne abbiamo», ha detto Garcia, «Totti e De Rossi avranno un ruolo fondamentale dentro e fuori dal campo. De Rossi è un grande calciatore della Nazionale, ho molta voglia di incontrarlo, così come tutta la rosa. Se è incedibile? Datemi il tempo di incontrare i giocatori. La verità viene dal campo, sempre».

A occhio e croce, tra i due c’è empatia. Si prendono. «Garcia? Credo che abbiano preso un allenatore bravo. Come impatto mi sembra simile a Luis Enrique, per me lui era il numero uno». Queste sono le parole di De Rossi. Che, chissà, magari aveva ricevuto da poco l’sms del suo allenatore. Non basterà questo primo positivo approccio per sciogliere le riserve di tutti, specie di un De Rossi che navigando su Internet legge un mare. Non il mare di Roma, casa sua, i primi calci, lo scatto che immortala l’orgoglio di indossare la Roma sotto gli occhi di papà Alberto. Non il mare di Roma, ma il mare di concime organico che ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo gli viene gettato addosso.

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