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GAZZETTA DELLO SPORT Così fa male

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(L. Garlando) – Un altro festino della Spagna. Dal dischetto. Ci battono ai rigori come nel 2008 e volano a Rio a giocarsi la finale della Confederations Cup con il Brasile. Per noi domenica la finalina con l’Uruguay. Fa male uscire così, dopo aver giocato meglio dei campioni del mondo, aver creato di più, aver colpito un palo nei supplementari e aver segnato sei rigori prima di sbagliarne uno (Bonucci). Ma tolta la buccia dell’amarezza, resta il succo di una grande prestazione. Siamo stati più furie di loro, li abbiamo messi sotto senza Balotelli e con un Pirlo normale. La nostra forza sono stati il gioco, l’orgoglio, un De Rossi stile Beckenbauer e nuovi protagonisti (Candreva, Giaccherini) che, aggiunti ai talenti dell’Under 21, ci autorizzano a credere nel futuro. Cercavamo più risposte che risultati alla Confederations: ora sappiamo che al Mondiale ci temeranno.

Muro bianco Il primo tempo dell’Italia, in maglia bianca, è perfetto. Difficile giocare meglio contro la Spagna. I sei centrocampisti del 3421 di Prandelli sono una colata di cemento sulla nostra trequarti. Xavi e Iniesta cominciano prendendo il pallino e ragionando in verticale, ma attraverso quel muro bianco non passa uno spiffero. C’è sempre un italiano che esce dalla linea e spezza i triangoli degli spagnoli. Tutto sincronizzato con perfetto tempismo e agevolato dallo scarso movimento delle Furie Rosse che forse hanno speso troppo di notte. Nella miglior versione della Spagna è il movimento che apre varchi e crea energia. Qui la palla spesso circola tra pedine ferme. Ma se Xavi e Iniesta non si avvicinano al loro top è anche merito nostro. Il bello è che quando la recuperiamo, non spazziamo: giochiamo. In tre anni Prandelli ci ha trasmesso la sicurezza tecnica per farlo. Quando l’Italia riparte, lo fa con più uomini e questo ci consente di aprire la manovra a ventaglio, facendo scalare spettacolarmente la palla come in un’azione alla mano di rugby. Decisiva in questo senso l’azione dei due esterni, Maggio e Giaccherini, che attaccano costantemente la profondità mettendo in crisi gli esterni del tridente di Del Bosque, Pedro e Silva che non sono nati per tamponare. È soprattutto a destra che troviamo una miniera, grazie al bravo Candreva che affonda bene in tandem con Maggio. Da quella parte nascono i pericoli maggiori, tanti come non osavamo augurarci.

Spagna a zero L’aperitivo è un tocco a lato di Gilardino su cross di Maggio (15’), il piatto grosso sono due colpi di testa dello stesso Maggio solo davanti a Casillas. Clamoroso soprattutto il secondo al 36’. Il portiere torturato da Mourinho ha tenuto in piedi la Spagna. Peccato non avere Balotelli, oggi che riusciamo ad arrivare sul fondo con disinvoltura. La Spagna spaventa Buffon solo con un diagonale largo di Torres. Zero tiri in porta.

Mario dove sei? All’intervallo però, più che orgoglio proviamo preoccupazione, perché se non chiudi in vantaggio quando giochi così contro una Spagna così spompa, quando ti succede? La ripresa riparte con Montolivo e De Rossi che scala al centro della difesa come a Danzica nel 2012. Del Bosque prova a rianimare una fascia: Navas per il nullo Silva. Paradossalmente, creiamo meno del primo tempo, ma dominiamo di più. Siamo noi ora che teniamo il pallone, sono loro che gettano una colata di cemento rosso nella loro trequarti per fermarci. E al 40’ rischiamo pure di beccarci un italianissimo contropiede di Piqué. Il mondo alla rovescia. Bello. I brasiliani ci applaudono. Ce lo meritiamo. Ci fosse Mario… Aquilani rileva Marchisio. Supplementari.

Rigori amari Giovinco per Gila. Il clamoroso palo di Giaccherini al 3’ dell’extratime ci insinua un sospetto fastidioso: il bonus con la buona sorte ce lo siamo giocati col Giappone. Non importa. Lottiamo, soffriamo, giochiamo. Siamo stremati nella fornace tropicale del Castelao. La Spagna chiude in crescendo. Palo di Xavi: ci era rimasto un piccolo bonus… Chiudiamo il match all’angolo, con la guardia alta. Jesus Navas ci condanna dal dischetto. Tra un anno però torniamo con Balotelli e ce la rigiochiamo con tutti. Ora sappiamo che possiamo.

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