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SCUDETTO 82-83 8 maggio 1983: 30 anni fa il trionfo della zona Liedholm

Festeggiamenti Scudetto 1983

(T.Riccardi) Non fu soltanto il secondo scudetto della storia romanista, 41 anni dopo il primo trionfo datato 1941-1942. Fu tanto di più.

La vittoria della Roma di Liedholm del campionato ’82-’83 rappresentò una svolta per il calcio italiano. La prova certificata che si poteva raggiungere un risultato importante attraverso un calcio diverso, spregiudicato, spettacolare, ma allo stesso tempo equilibrato. Si chiamava gioco a zona, allora.

Quel che è diventato pane quotidiano per gli allenatori contemporanei, allora era una novità assoluta in Serie A. Quando tutti (o quasi) erano ancorati a un calcio a uomo, con marcature rigide, la Roma di Liedholm adottò questo sistema di gioco moderno che prendeva spunto dalle innovazioni introdotte negli Anni Settanta dall’Olanda e dall’Ajax di e con Johan Cruyff.

La formazione tipo recitava: Tancredi in porta, difesa a quattro con due terzini di spinta (Nela a destra e Maldera a sinistra) e due difensori centrali diversi: il marcatore Vierchowod e il libero “ragionatore” Di Bartolomei, inventato da Liedholm al centro della retroguardia per creare superiorità numerica a centrocampo, sfruttando al meglio le sue qualità di (ex) regista. A centrocampo tre mediani di qualità e quantità come Prohaska, Falçao e Ancelotti. In avanti Conti, Pruzzo e Iorio.

Un 4-3-3 paragonabile al Barcellona di Guardiola, per fare un esempio vicino, con ruoli non rigidissimi. Non a caso, un’arma comune alle due squadre era/è il possesso palla: la “ragnatela” di Liedholm e il “tiki-taka” di Guardiola.

I numeri al termine di quella stagione recitarono: Roma prima con 43 punti in 30 incontri. Miglior difesa con 24 gol subiti e secondo miglior attacco con 47 reti realizzate.

Il sistema di gioco della Roma all’inizio fu accolto dallo scetticismo generale, ma alla lunga in tanti furono costretti a ricredersi. In uno speciale “Roma scudetto” de “Il Corriere dello Sport” di quell’anno vennero riportanti i pareri dei tecnici italiani, avversari dei giallorossi in quel campionato.

A cominciare da Giovanni Trapattoni, allenatore della Juventus che si classificò seconda. Il “Trap” alla fine riconobbe grande meriti al “Barone” e alle sue idee: “Non ci sono dubbi che lo scudetto della Roma è un avvenimento importantissimo – disse – Il gioco della Roma ha fatto molto discutere. In effetti, ha rappresentato una novità, anche se da molti anni il calcio italiano si è evoluto, applicando un sistema zona-uomo, che mi sembra abbia dato grossi risultati anche a livello internazionale”.

Pure Giancarlo “Picchio” De Sisti, tecnico della Fiorentina, si inchinò: “La vittoria della Roma è la vittoria di una mentalità nuova; finora si pensava che soltanto giocando a uomo, con marcature rigide, si potessero conquistare certi traguardi. Con la zona di Liedholm tutto questo non ha pià ragione di esistere”.

Concetti simili furono espressi anche da Rino Marchesi e Osvaldo Bagnoli, rispettivamente di Inter e Verona: “Sono tre campionati che la Roma ha fatto ad alto livello – le parole di Marchesi – con un gioco nuovo almeno per l’Italia. La zona è la miglior espressione del calcio”. “La Roma è campione d’Italia per la sua regolarità – l’analisi di Bagnoli – Ha un gioco particolare. E ha dei giocatori come Falcao e Conti inimitabili”.

Ancor più perentorio il pensiero di Luis Vinicio (Pisa): “Questa affermazione porta qualcosa di nuovo nel calcio perché la Roma l’ha raggiunta praticando quel gioco a zona che è stato sempre ripudiato dagli allenatori italiani. Così in futuro si potranno rivedere certi accorgimenti tecnico-tattici”. Infine, la “benedizione” di Carlo Mazzone (Ascoli): “La Roma ha vinto con merito e ha presentato novità interessanti. Senz’altro da seguire”. Non fu soltanto uno scudetto strameritato, fu tanto di più.

Fonte: asroma.it

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