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IL ROMANISTA Rizzitelli: “Lui ha sostituito me”

Ruggiero Rizzitelli

(M. Macedonio) – “Dai, dai, facciamo esordire il ragazzino”. Se lo ricorda bene,Ruggiero Rizzitelli, quell’ingresso in campo di Francesco Totti, a Brescia.Con la Roma in vantaggio per 2-0, e Boskov che a pochi minuti dal termine gli chiede come si senta, aggiungendo quella frase. «“Dai, dai”, mi disse. Fu così che uscii e lasciai il posto a “quel ragazzino”. E che ragazzino!».

Avresti mai immaginato, quel giorno, che avrebbe fatto una carriera simile?

Si vedeva già allora che i numeri li aveva, nonostante i suoi sedici anni e mezzo. Quello che impressionava era soprattutto la personalità. Ce ne accorgevamo quando veniva con noi, insieme agli altri giovani di quel gruppo. Lui era quello che non aveva mai paura di dribblare qualcuno della vecchia guardia. Se facevi un tunnel a uno di loro, potevano menarti. Lui, invece, le prendeva, ma subito dopo gliene faceva un altro… E lì capivi che il ragazzo non aveva solo qualità tecniche ma anche, appunto, una grande personalità. Uno che si vedeva che era un predestinato. All’inizio, qualcuno sosteneva che fosse discontinuo. Ma è una cosa che, per tutti i grandi giocatori, e soprattutto a quell’età, è assolutamente normale. Ci mancava che fosse anche continuo….

Com’è cambiato Francesco in questi vent’anni?

E’ uno che ha dimostrato di essere l’attaccante completo per antonomasia. L’abbiamo visto giocare da mezza punta, da esterno, a sinistra, a destra. E poi, prima punta, trequartista… Insomma, uno che nel reparto offensivo può ricoprire ogniruolo. Come si dice, un campione. Uno che potrebbe giocare anche in difesa, se ce ne fosse bisogno. Magari rendendo un po’ meno, ma sempre a livelli superiori. Tante volte mi capita di sentir dire “quel giocatore va meglio a destra, quell’altro a sinistra”. Se uno ci sa fare, dico io, può giocare ovunque. Potrà trovarsi meglio in una posizione, ma se è un attaccante vero, deve poter giocare su tutto il fronte d’attacco. E Francesco è uno che, dovunque è stato messo, ha sempre fatto la differenza, Oltretutto, in una piazza difficile come Roma. Che non è come Milano, dove, quando vinci, viene nascosto tutto ciò che non va. Ricordo che già diverse stagioni fa c’era chi diceva che Totti era finito. Ricordo anche che io stesso – sarà stato intorno al 2006 – dissi invece che se Francesco fosse stato bene fisicamente, sarebbe potuto arrivare anche a 250 gol. Evidentemente, mi sbagliavo per difetto. Perché è molto probabile che quel limite possa tranquillamente superarlo. Un consiglio che mi viene però da dargli è di continuare a fare la preparazione con Zeman, perché s’è visto che gli fa sicuramente bene.

Lo stesso Prandelli ha detto che se dovesse confermarsi in queste condizioni, non esiterebbe a portarlo al Mondiale il prossimo anno.

Di certo, se il Mondiale fosse oggi, come si farebbe a non chiamarlo… Lo sarebbe a furor di popolo. In una competizione come quella, si guarda ai giocatori che stanno meglio, indipendentemente dall’età. Perché puoi avere 18 anni o 40, ma se a 40 sei in grado di dare quello che può dare ancora Francesco, va da sé che va portato assolutamente.

Vent’anni con la stessa maglia. Scelta che Francesco ha pagato con la rinuncia a quel Pallone d’Oro che avrebbe certamente vinto con una squadra più “vincente”.

E’ chiaro che se la Roma avesse conquistato la Champions o anche più scudetti, Francesco avrebbe potuto aspirare legittimamente a quel trofeo. Anzi, sarebbe stato sempre tra i primi candidati. Giocare invece nella Roma, che non ha mai vinto tantissimo, l’ha certamente penalizzato. C’è però l’altra faccia della medaglia. Ovvero, la soddisfazione di avere un’intera città ai tuoi piedi. Perché alla fine, il giocatore passa ma resta l’uomo. E di Francesco ci si ricorderà per una vita. Basti vedere l’esperienza di tanti altri, anche suoi coetanei, che hanno scelto di cambiare casacca – penso ad esempio a Shevchenko – ma di cui si è quasi persa la memoria. Non sempre paga andar via. Ed è meglio pensarci due volte.

Un Pallone d’Oro alla carriera?

La verità è che non si pensa mai che un campione possa giocare anche in una squadra che non viaggi a mille. Certo, sarebbe giusto istituirlo come premio. E Francesco lo meriterebbe come pochi altri. Perché, oltre che le doti tecniche, gli va riconosciuta una grande professionalità. Quella che gli ha permesso di mantenersi com’è, fino ad oggi. E non è facile riuscirci.

Un augurio, a vent’anni dal suo esordio? 

Quello che si augura anche lui. Ovvero vincere ancora qualcosa di importante con la Roma. Non dico la Champions, perché mi sembra difficile, ma almeno un altro scudetto, che appare traguardo molto più raggiungibile. E poi, magari, di arrivare anche in testa alla classifica dei cannonieri di sempre, e diventare il bomber assoluto di tutti i tempi. Glielo auguro di cuore.

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