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IL ROMANISTA Il futuro corre sulla via Aurelio

Anzdreazzoli

(D. Giannini) – Due giorni di riposo, quelli concessi alla squadra approfittando della sosta per le nazionali. Gli ultimi prima di un lungo sprint che deciderà il destino della stagione della Roma e il suo come tecnico. Andreazzoli li ha passati in famiglia, in serenità, quella che lo ha sempre accompagnato da quando si è seduto sulla panchina giallorossa. La stessa serenità che ha trasmesso ai giocatori contribuendo a raddrizzare un campionato che sembrava da buttare e che adesso ha aperto prospettive tutte nuove. FinoraAndreazzoli la sua grande occasione se l’è giocata al meglio, con tredici punti in sei partite, compreso il ko immeritato all’esordio a Genova. Adesso davanti a sé ha dieci match da giocare in 51 giorni, oppure undici in 58. Che fa una bella differenza, perché vorrebbe dire aver centrato un altro obiettivo, forse quello a questo punto più importante: la finale di Coppa Italia (in programma il 26 maggio, mentre la semifinale di ritorno è fissata per il 17 aprile).

Cinquantotto giorni per cambiare la storia e decidere il proprio futuro. Perché se Andreazzoli finora è stato bravo, ora dovrà essere bravissimo e anche un po’ fortunato. La buona sorte che sarà necessaria per prendersi l’Europa e portarsi a casa Coppa e stella d’argento in un possibile derby che potrebbe essere per lui un vero spartiacque per riuscire a rimanere saldo sulla panchina della Roma anche il prossimo anno. Quella per la quale è pienamente in corsa grazie a quanto fatto dal 4 febbraio (o forse dal 2005). Ha rivitalizzato alcuni giocatori senza per questo perderne per strada qualcun altro. Ha conquistato la fiducia di tutto il gruppo e ricevuto anche l’investitura di Totti, che dopo la partita col Parma, pur ricordando i meriti di Zeman per la sua straordinaria condizione attuale, ha speso belle parole per lui («Se rimanesse saremmo felici»).

E adesso viene il bello, ma anche il difficile. Con la classifica attuale, possibilità di errore non ce ne sono. Bisognerà vincere sempre o quasi. Bisognerà vincere soprattutto le partite chiave. Il derby, tanto per essere chiari. O meglio, “i” derby. Al plurale. Fare risultato nella semifinale di ritorno di Coppa Italia, prendersi l’Europa, magari quella più ricca della Champions League che è distante parecchio ma forse non troppo. Anche se Andreazzoli nella conferenza post Parma a chi gli parlava di terzo posto rispondeva: «E’ fantacalcio. In Champions ci si va per la classifica, non per la qualità del gioco, siamo realisti. Lo dicevo ieri. Tra 15 giorni abbiamo il Palermo, poi la Lazio, e così via». Fin qui è stato il suo segreto: non guardare troppo lontano per arrivare lontano. Forse fino al prossimo anno. E guardare vicino oggi significa puntare il Palermo, il primo dei 10 (o 11) ostacoli prima del traguardo. Che non è roba da trascurare nonostante l’ultimo posto in classifica. Anzi, proprio la disperazione, la partita da ultima spiaggia, potrebbe essere un fattore determinante.

Alla partita della vita per il Palermo, Andreazzoli si dovrà approcciare con non pochi dubbi di formazione. Soprattutto dietro. Dove Marquinhos è infortunato, potrebbe recuperare, ma c’è da tenere presente il derby del lunedì successivo. Dove Romagnoli è anche lui ko. Dove Piris tornerà solo giovedì mattina dal Sudamerica con due partite e tanto fuso orario nelle gambe. Stesso discorso per Bradley in un centrocampo nel quale anche Pjanic potrebbe esserci oppure no per colpa di una caviglia ancora in disordine. Problemi quotidiani, risolti fin qui da Andreazzoli con scelte azzeccate che hanno legittimato le parole di Franco Baldini che, nell’annunciarlo come nuovo allenatore, aveva detto: «Ha la nostra fiducia. Conosce i giocatori e questa è la decisione migliore da prendere in questo momento». I risultati sono lì a dimostrarlo: la decisione è stata giusta e la fiducia ben riposta. Una fiducia che a Trigoria è ulteriormente cresciuta, come quella dei giocatori e dei tifosi. E adesso via. Si parte per un minicampionato di 10 partite che se sono 11 è un’altra cosa. Un lungo rettilineo da percorrere a tutta, senza respirare, senza voltarsi indietro fino al fotofinish. Per poi magari scoprire che, con un po’ di fortuna, quel “finish” per Andreazzoli non sarà affatto la fine ma solo l’inizio…

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