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CORRIERE DELLA SERA Il Pupone e il Pupo spingono la Roma oltre un bel Genoa

Totti festeggia con i figli

(L. Valdiserri) – Sei forte, papà! Quando Cristian e Chanel corrono sul prato dell’Olimpico, nella più tenera invasione di campo che il calcio ricordi, papà Francesco ha già fatto il suo lavoro. Eccezionale come al solito. Due assist e il gol numero 225 in serie A, su rigore generoso per fallo di Bovo su De Rossi, che lo porta al secondo posto nella classifica dei marcatori di tutti i tempi, insieme a Gunnar Nordahl. Davanti resta solo Silvio Piola, a quota 274. Irraggiungibile, verrebbe da dire, ma con Totti niente è impossibile. Emozione pura, con lo stadio ai suoi piedi. Come tante altre volte, ma ogni volta un po’ diversa. A rendere la vita difficile — a Totti e alla Roma — è stato un Genoa eccellente per gran parte della partita. È lapalissiano dire che i rossoblù non hanno meritato di perdere.

Non sarebbe un’eresia dire che, forse, meritavano anche di vincere. Ma questo è il calcio, bellissimonel suo essere imprevedibile. Il Genoa ieri sera ha avuto tanti buoni giocatori, la Roma ha avuto Totti. Non solo lui, in verità. Stekelenburg ha compiuto un paio di miracoli e un altro paio di belle parate. Il giovanissimo Alessio Romagnoli, classe 1995, mandato in campo al posto dell’altro ragazzino, l’infortunato Marquinhos (1994), ha bagnato il suo debutto da titolare con una prova gagliarda e soprattutto con il gol del 2-1, di testa, su calcio d’angolo battuto da Totti. Perrottaha dimostrato ancora una volta la sua tempra: è entrato nel finale, ha corso su ogni pallone e uno l’ha buttato in rete, chiudendo la gara e sigillando tre punti importantissimi per restare in corsa per l’Europa. Queste le note positive per i giallorossi. Maci sono state anche quelle negative.

La prima è l’infortunio di Pjanic: forte distorsione alla caviglia sinistra, si teme l’interessamento dei legamenti ma se ne saprà di più tra un paio di giorni. Poi l’ammonizione nel finale a Bradley, diffidato, che salterà Udine mandando in emergenza il centrocampo. E soprattutto un’ora almeno di gioco in cui il Genoa è stato migliore. Squadra corta, che ha pressato alto e messo in campo tutti gli insegnamenti di Ballardini. L’idea principale in attacco è stata allargare Borriello a sinistra, con un doppio compito: 1) far valere la sua superiorità su Piris, sballottato come un bambino; 2) aprire i varchi per gli inserimenti dei centrocampisti, in primis Bertolacci, che infatti ha sfiorato il gol al 32’, con un bel colpo di testa.

La Roma è stata a lungo l’esatto contrario: lunga in campo, spaccata in due tra i tre attaccanti (Osvaldo, Totti e Lamela) e il resto della squadra. La scelta iniziale di Andreazzoli è stata troppo conservativa: i due esterni di centrocampo, Torosidis e Balzaretti, erano molto più terzini che ali. Il merito dell’allenatore — comunque arrivato alla terza vittoria in quattro gare —è stato correggersi nella ripresa. Partito con il 3-4-2-1, Andreazzoli è prima passato al 4-4-2 (Piris-Burdisso-Romagnoli- Torosidis in difesa) e poi al 4-3-3 (Lamela-Totti- Marquinho in attacco) dopo l’espulsione di Kucka e la sostituzione di un Osvaldo fuori dal gioco e anche dai comportamenti giusti, visto come ha preso il cambio ampiamente meritato. È bastato per vincere la gara e guadagnare un posto in classifica, il settimo, scavalcando il Catania. Nota di merito per il lavoro di Ballardini: il Genoa è miglioratissimo rispetto alle gestioni precedenti. Nota di demerito per l’arbitro Gervasoni, che l’ha cacciato dal campo perché era uscito dall’area tecnica. Stava chiedendo ai suoi di buttare fuori la palla per soccorrere Osvaldo infortunato. Espulsione assurda.

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