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GAZZETTA DELLO SPORT Tre annate amarissime. Liti, fughe, dimissioni: Roma senza pace

Baldini e Sabatini

(M.Calabresi) Mentre Mauro Goicoechea piangeva in un angolo dello spogliatoio, con i compagni che in pellegrinaggio andavano a consolarlo, andava in scena lo sfogo diDaniele De Rossi: «Basta, ogni anno va così, ma che abbiamo fatto di male per vivere tutto questo?». Bella domanda, sincera: se la pone una città intera, costretta a «vivere tutto questo» pagando pure abbonamenti, trasferte e pay tv e non vedendo il conto in banca lievitare ogni mese. Ma i soldi c’entrano poco: Daniele De Rossi è il primo a soffrire di questa situazione, pensando pure alle possibilità che ha avuto di non vivere più tutto questo, da altre parti. Chissà se l’avrà mai: di sicuro, la media voto complessiva delle ultime tre stagioni non arriva alla sufficienza (5,97) e qualcosa vorrà pur dire.

Quante domande Tutti i romanisti sono De Rossi: «perché ogni anno va così?» Che cosa avrà mai Roma di così diverso da rendere difficili anche le cose più semplici? Possibile che dalle dimissioni di Spalletti ogni progetto o presunto tale sia andato in fumo? Dall’addio del tecnico di Certaldo (celebre il suo sfogo dopo Roma-Juventus, sbattendo il pugno sul tavolo), non c’è stata pace. Colpa di tutti: delle società, degli allenatori, dei giocatori, della piazza. Vittime i tifosi, costretti a vedere un Cagliari qualsiasi venire all’Olimpico a fare il suo comodo. Quello affidato a Ranieri non era un progetto: fu un magnifico tentativo di tappare il buco lasciato da Spalletti, che per poco non portò uno scudetto, prima del naufragio che andò in scena l’anno dopo a Genova, con la Roma rimontata da 0-3 a 4-3 e qualche giocatore (Pizarro) risorto dopo l’arrivo di Vincenzo Montella.

Giocatori sovrani Con l’Aeroplanino le cose non andarono poi così male, si dice perché i giocatori avessero un rapporto «alla pari» con il proprio superiore. Non fu così con Luis Enrique (che Baldini definì un «magnifico errore»), ma quasi tutti — De Rossi in primis — si sarebbero gettati nel fuoco pur di difendere l’operato dell’asturiano. Ma come, la Roma non è finita fuori dall’Europa? Pazienza: c’erano metodi di allenamento alternativi, un allenatore dal carattere unico e il sabato sera si dormiva a casa. Il contrario di Zeman: gradoni, rancori, dichiarazioni alla soda caustica a colpire il fuoco amico. Il tutto shakerato con una gestione del momento difficile pieno di autogol in mondovisione. La squadra ha scelto la moneta meno pregiata per pagare il conto: prestazione da schiaffi con il Cagliari e tanti saluti al boemo. E se fossero i giocatori i veri mangiallenatori? Che Andreazzoli dia il meglio per non finire nel tritacarne. Ma in fondo, già conosce come funziona.

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