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IL ROMANISTA Errori e dubbi: è ora di uscirne

Osvaldo

(C. Zucchelli) – Bisogna uscirne in fretta. Bisogna seguire la rotta, cioè bisogna seguire, come ha detto Francesco Totti, Zdenek Zeman. Non ci sono altre soluzioni a Trigoria. Almeno in questo momento. E non (o almeno non solo) perché le alternative scarseggiano. Bisogna seguire Zeman perché il 3 novembre non si può già buttare all’aria una stagione. Gli esempi, anche recenti, di stagioni decollate più o meno in questo periodo ci sono: la prima Roma di Spalletti, ma anche quella di Ranieri che è arrivata a sfiorare uno scudetto. Tempo quindi ce n’è, a patto di non perderne altro. A partire da domani sera quando, in un Olimpico semi deserto – già è tanto se si arriverà a 30mila spettatori – la Roma sarà chiamata a dare un segnale forte dopo i ko contro Udinese e Parma e in vista del derby in programma tra una settimana. Sotto la lente di ingrandimento ci saranno Zeman e, soprattutto, i giocatori. Tutti chiamati ad adattarsi al gioco del boemo, senza alternative. Boemo che, comunque, non è esente da errori. Lui come i dirigenti. Che ieri, nella persona di Walter Sabatini, hanno lanciato a Roma Channel il loro messaggio: «Ogni scelta di mercato è stata condivisa con l’allenatore. Ci sono in questa rosa, per noi competitiva, i giocatori adatti per il 4-3-3».

I DIRIGENTI Si parte proprio da qui. Perché sulla Roma attuale, così come sulla Roma di un anno fa targata Luis Enrique, c’è la firma della dirigenza. Quella di Baldini e Sabatini, soprattutto. La sfera tecnica della società è di loro competenza, loro hanno scelto Zeman – nonostante all’inizio avessero preso in considerazione altre ipotesi – e loro lo stanno sostenendo, in tutto e per tutto, ogni giorno. La domanda però, che in molti si fanno dentro e fuori Trigoria, è questa: sono (erano) veramente convinti della scelta?Se la risposta è sì il boemo va difeso e tutelato senza indugi e, anzi, a gennaio si deve tornare sul mercato per cercare di consegnargli qualche giocatore più idoneo alle sue necessità. Un altro terzino destro, quantomeno, e forse un altro centrale. Non solo: perché la Roma sulla carta – con Destro e Pjanic titolari indiscussi, ad esempio – è così diversa da quella che poi va in campo? Sono stati, evidentemente, fatti errori di valutazione importanti. Anche se Sabatini ieri con decisione ha smentito.

ZEMAN Responsabile di questo momento è, ovviamente, anche il tecnico. Intransigente e fedele a se stesso. Zeman questo è, questo è sempre stato. Chi lo ha scelto lo sa, anche se dentro Trigoria per lui non è tutto rose e fiori. Il rapporto con lo staff medico (vedi caso Dodò e non solo) non è idilliaco, quello con parte della squadra pure. Non è un problema di rapporti umani, è un problema di metodi di lavoro e di visione del calcio.Zeman ha perplessità su come vengono gestiti gli infortuni dei calciatori, i calciatori hanno perplessità su come organizza il lavoro settimanale e quello in campo la domenica.

LA SQUADRA L’ultimo caso riguarda l’annullamento della doppia seduta di ieri. In programma c’era sia l’allenamento della mattina sia quello del pomeriggio. Dopo le quasi due ore prima di pranzo, Zeman, visti anche i tanti acciaccati, ha cancellato quello successivo. «È normale – filtra da Trigoria – viste le tre partite in settimana». Vero. Ma quando è stato stilato il programma di lavoro non si sapeva che c’erano tre impegni in sette giorni? Il fatto che la decisione sia stata presa soltanto ieri fa, quantomeno, riflettere. Anche se Sabatini ha detto: «Non bisogna per forza seguire uno spartito. L’allenatore ha aggiunto un po’ di lavoro la mattina e ha ritenuto idoneo lasciare ai calciatori un pomeriggio di scarico». A dispetto delle dichiarazioni ufficiali non si può negare che molti giocatori di personalità e peso, oltre che talento, del gruppo, non siano convinti di Zeman e delle sue idee. Stekelenburg ha le stesse perplessità che aveva con Luis Enrique un anno fa, essendo la sua porta la più battuta della serie A e vedendo spuntare gli avversari continuamente. Castan, dopo Burdisso, non è convinto (e abituato) a giocare con una difesa così alta in cui spesso si trova costretto a rincorrere l’uomo. Di De Rossi, che continua nel suo rumoroso silenzio (ieri Sabatini non lo ha mai nominato), si è detto e scritto tutto. Magari, a volte, anche a sproposito. Ma che non senta sua questa Roma, questa Roma qua, è un dato di fatto. Così come è un dato di fatto che non ci si sentano a loro agio Pjanic, Destro, lo stesso Osvaldo, pure uno zemaniano di ferro, e anche Bradley e persino Lamela, che a Zeman, come dimostrano i 6 gol messi a segno finora, deve tanto. Anzi tantissimo. Ma che, come gli altri, vorrebbe vedere più risultati di squadra.


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