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CONFERENZA STAMPA Baldini: “Ci siamo abituati alla diffamazione quotidiana. Sono stato scelto dalla proprietà e resterò” (VIDEO, AUDIO)

Baldini

Tra poco Franco Baldini si presenterà nella sala stampa di Trigoria per il tanto atteso confronto con i giornalisti romani. Ieri, dopo il colloquio tra dirigenti, staff tecnico e squadra, si sono sparse voci di una conferma di Baldini in primis, nonostante le indiscrezioni provenienti dall’Inghilterra che vedono il dirigente in procinto di passare al Tottenham.

“Sembra rituale che ogni due tre mesi debba venire a spiegare una libera interpretazione di pensieri che non sono della società. Sono stato scelto da questa proprietà per rendere competitiva questa società, seguendo dei validi principi che la rendano solida nel tempo. L’ambiente viene continuamente destabilizzato da voci che mettono in dubbio il mio futuro; tutto ciò è mortificante per me, dato che ho detto che resterò a Roma fino alla fine di questo percorso, a meno che qualcuno mi chieda di andare via. Questo non è ancora accaduto e non accadrà. Ogni giorno dobbiamo chiarire che la proprietà è solida e non vuole fare passi indietro: non va via nessuno. Abbiamo un debito di riconoscenza verso chi ci ha scelto. Nessun componente della società ha nessun problema, oltre il confronto tra di noi, che non consideriamo un ostacolo. Noi ci siamo abituati alla diffamazione quotidiana delle radio e all’informazione veicolata; dovrebbero dare più accuratezza alle proprie notizie, dato che tutto quel che è stato detto in questi giorni è falso”.

Di chi è la responsabilità perche la squadra non ha senso di appartenenza?

“Non gli manca sempre, a San Siro eravamo fortissimo, ora si dice tutto il contrario. Abbiamo responsabilità e cerchiamo di fronteggiare questi atteggiamenti. Ieri c’è stata una riunione e quello che è stato detto è completamente falsa rispetto a quello che si è detto. Ci siamo detti di cercare di lavorare tutti in maniera seria, i giocatori devono percepire che qui c’è serietà. Non è stata una caccia alla talpa”.

Zeman dopo la partita con la Juventus ha detto che i calciatori non fanno quel che chiede. Sono i giocatori a non fare quello che chiede l’allenatore o l’allenatore a non spiegarsi?

“Ognuno di noi deve credere in quello che fa con tutto se stesso. Nel precampionato erano tutti convinti di dar retta all’allenatore, i risultati hanno minato queste convinzioni e si è visto contro la Juve”.

Volete lavorare con i giovani ma a Roma c’è una pressione tremenda. Possono avere risentito della pressione? Cosa potete dire ai tifosi.

“Ai tifosi dico che abbiamo costruito una squadra forte e lo dimostreremo. Tra Luis e Zeman è lo stesso progetto: investire sui giovani e fare una rifondazioni che tutte le squadre dovranno fare. Vogliamo proporre una calcio divertente e propositivo”.

Quali possono essere gli obiettivi stagionali?

“Il calcio italiano è mediocre. Anche nei giornalisti è mediocre. Vogliamo comptere per la Champions, è un obiettivo possibile.”

Lei ha detto che a Roma non si è abiutuati a vincere.

“L’ho denunciato come un problema, non come un dato di fatto. La vera differenza è la testa, se un tossicodipendente è abiutuato a farsi tutti i giorni se non lo fa va in crisi di astinenza. Se invece uno si fa ogni 12 anni, come vinciamo noi, non gli manca la vittoria”.

Questa è una conferenza contro la stampa o per spiegare i problemi della Roma?

“Mi è stato chiesto se c’è l’intenzione di destabilizzare l’ambiente da parte di qualcuno, e io ho risposto”.

Arriverà Pallotta. Lei crede che i giocatori non sentano la mano del padrone?

“La proprietà ha dato a noi le chiavi di casa. Se i giocatori sentono questa mancanza è colpa nostra, non certo della proprietà che è a svariati chilometri di distanza. Proprietà con la quale ci confrontiamo ogni giorno”.

Quant’è soddisfatto del suo lavoro fin qui?

“Il mio umore cambia a seconda dei risultati. Su quanto fatto dalla società sono molto soddisfatto, per i risultati poco soddisfatto. Ma sono convinto che presto sarò molto soddisfatto”.

Secondo lei è colpa dei giornalisti che la Roma lo scorso anno ha perso 16 partite, se è arrivata settima? Lei ha parlato di responsabilità ma non è entrato nello specifico. Ci può elencare degli errori specifici?

“Ad aprile, quando parlai di sopravvalutazione di giocatori, era un discorso consuntivo, facendo un piccolo bilancio. Parlavo di carattere, di dare alla squadra quel qualcosa in più che spesso era mancato. La valutazione di Sabatini sabato sera era volta a motivare i giocatori. Sono convinto che la rosa attuale sia buona e competitiva. Le nostre responsabilità sono sottolineate ogni giorno dal vostro lavoro. Alcune ce le dobbiamo risolvere tra di noi. Io continuo a sostenere che questi giocatori non siano da bocciare, a fine anno faremo i conti”.

Non ritiene un errore l’aver confermato la cerimonia della Hall of fame per domenica, in un momento cosi delicato?

“La cerimonia è stata un evento preparato da tempo, la cui organizzazione ha richiesto molto impegno. Non era possibile spostarla. Ma questo non c’entra nulla con i risultati della squadra. E’ un evento per i tifosi, affinché possano festeggiare la propria storia. Spero che ci sia un’accoglienza meritevole per questi giocatori che verranno”.

E’ stato vago sulle responsabilità. Come si esce da questo momento? Con l’allenatore avete parlato?

“Stiamo cercando di instaurare quel clima di convinzione nei giocatori. Voglio ricordare che ogni singolo componente di questa squadra è stato scelto assieme all’allenatore. Alcuni risultati hanno minato questa convinzione e va di nuovo instaurata il prima possibile”.

State pensando di intervenire di nuovo sul mercato?

“A gennaio saranno trascorsi 4 mesi di campionato e potremmo capire quali saranno le nostre necessità, e nel caso intervenire”.

Quando lei ha accettato questa proposta l’ha fatto quasi per un dovere morale nei confronti di Roma e della Roma, nonostante fosse attratto dal calcio inglese. Non si sente un pesce fuor d’acqua?

“Non mi sento un pesce fuor d’acqua. Sento che questo calcio e questa città ha la possibilità di fare un cammino alla ricerca di qualcosa di meglio di quel che abbiamo”.

Lo scorso anno avete fatto scudo attorno a Luis Enrique dall’inizio alla fine. Quest’anno, di fronte a Zeman, qual’è la posizione della società di fronte ad un eventuale secondo fallimento?

“Non prendiamo in considerazione l’idea di un fallimento. Avremo lo stesso atteggiamento di coerenza. Quello che si ottiene nel calcio, si ottiene solo attraverso un percorso di stabilità e consistenza. Perseguire i propri obiettivi nonostante i rovesci. Avremo questo comportamento non solo con l’allenatore”.

E’ passato un anno dal suo arrivo. Tre persone volute da lei, Luis Enrique, Tancredi e Lo Monaco, sono andate via. Si sente depotenziato da questo processo di ‘de-baldinizzazione’?

“No, altrimenti avrei avuto altri colloqui. Luis Enrique? Avrei continuato con quel percorso, lui ha rinunciato. Tancredi è una scelta tecnica dell’allenatore. Siamo tuttora molto amici con Franco, mi ha fatto male, ma non entro nel merito delle scelte tecniche. Daniele Lo Monaco è tuttora mio amico, ma c’è una parte della società che non è devoluta a me al 100%. Io a quello mi sono limitato”.

 Le chiedo di approfondire due punti. Perché è un po’ più defilato in questi ultimi periodi? Perché Sabatini acquisisce un ruolo quasi più importante del suo? Su Zeman: ha la sua fiducia in maniera illimitata o è tutto in discussione?

“Nemmeno abbiamo accennato alla fiducia a Zeman. Non è neanche un oggetto di discussione. Ha assolutamente la fiducia, sappiamo che ha i giocatori che possono rappresentarlo presto sul campo. Sulla prima linea o seconda linea, c’è sintonia tra le parti dirigenziali. Non ci poniamo il problema di chi va a parlare, neanche ci spartiamo i compiti. Chi si sente di dover dire qualcosa, lo fa. Non c’è una gerarchia dittatoriale. Ognuno può rappresentare il suo punto di vista”.

Lei ha detto che Sabatini ha voluto suscitare una reazione dei giocatori. Lei e Sabatini siete ancora in grado di fare una cosa del genere? Nello spogliatoio le vostre parole hanno ancora valore o c’è bisogno del presidente?

“Io sono un dipendente che si sta giocando più del suo. E’ un discorso fuoriluogo. La reazione che volevamo suscitare io e Sabatini che effetto avranno? Lo vedremo domenica. Noi crediamo di avere dalla nostra parte tanta storia di calcio per esser credibili di fronte ai calciatori, molto più di una persona che viene dall’America. Lui stesso si ritiene meno credibile di noi”.

Lei crede di lavorare nelle stesse condizioni che aveva immaginato? I suoi rapporti con Mark Pannes?

“Ci siamo sentiti, insieme facciamo delle cose. I rapporti sono buonissimi, altrimenti non starei in paradiso a dispetto dei santi. Me ne andrei. Sulle condizioni dico di no, sarei bugiardo se dicessi di aspettarmi di lavorare in condizioni ambientali cosi poco favorevoli. Un ambiente più sereno e meno avvelenato da continue polemiche e falsità sarebbe più semplice da affrontare”.

Negli ultimi tre anni sono cambiate tre proprietà, tre presidenti, allenatori vari, dirigenti e giocatori. I problemi sono sempre gli stessi.

“E’ un messaggio che forse i dirigenti non riescono a trasmettere alla squadra, è un dubbio che ci siamo posti. Ci sono anche casi eclatanti di giocatori che qui non si sono espressi al meglio, e che una volta usciti da questo contesto hanno dimostrato un valore reale e non solo potenziali. Cerchiamo di farci delle domande e darci delle risposte”.

Lei ha dichiarato a Sky di voler sfatare la tradizione nel calcio italiano di voler vincere anche giocando bene. E’ sempre stata una sua concezione, anche fin dai tempi in cui fu cacciato Zeman per prendere Capello?

“Io all’epoca non ero alla Roma, ma un semplice consulente. Arrivai quando c’era già Capello. Credo che ad un certo punto ci si debba dare non solo obiettivi, ma anche sogni. Non rinnego l’esperienza di Capello, ma credo che ci sia la possibilità di vincere giocando alla Zeman”.

Lei se l’è presa con i giornalisti, ma il clima all’estero in tal senso com’è?

“Prima forse ho esasperato i toni, ma è difficile lasciarsi scivolare addosso tutte le falsità. Per me non c’era neanche bisogno di chiarire certe cose. L’erba del vicino non è mai sempre verde, ma nelle altre esperienze della mia carriera non mi sono mai trovato dentro questa confusione”.

A cura della Redazione di GazzatteGialloRossa.it

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