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IL ROMANISTA La società è d’accordo col mister, presto addio a Piazza Affari

Zdenek Zeman

«Le società non dovrebbero essere quotate in Borsa. I risultati mi danno ragione. Il calcio deve stare fuori dalla finanza e dalla politica». Dice anche questo Zeman, nell’intervista che sarà pubblicata domani da  Sette. Per l’As Roma (nella foto l’ad Mark Pannes) è quasi un assist. Non è un mistero che la società sia ormai entrata nell’ordine di idee di abbandonare Piazza Affari. Tecnicamente, il fenomeno si chiama delisting. Come anticipato nei giorni scorsi da  Mf-Milano Finanza, l’uscita del club dalla Borsa potrebbe essere imminente. Attualmente, l’As Romaè controllata al 78% da Neep Roma Holding, che per il 60% è della cordata americana e per il restante 40% è (ancora) di Unicredit. L’assenza di un elevato numero di contrattazioni – solo il 22% è flottante, è libero, è sul mercato – avrebbe convinto i soci a spingere, appunto, sul pedale del delisting.

L’ipotesi di un “divorzio” da Piazza Affari non è presa in considerazione solo dalla Roma. Nell’articolo di Mf viene citato il caso opposto, quello del Manchester United, che invece a Piazza Affari si è presentato solo qualche mese fa, con l’esclusivo obiettivo di racimolare capitale.  Ma cosa determina la quotazione del titolo in Borsa? Sicuramente un obbligo di trasparenza a carico del club. Obbligo che in qualche caso, la Lazio per esempio, è stato considerato salutare dalla tifoseria. Spesso, però, ha prodotto situazioni kafkiane. Accadeva ogni volta che uscivano indiscrezioni di stampa sulla cessione dell’As Roma nell’era Sensi, quando ai rumors seguivano i comunicato congiunti, accadeva quando Pradé doveva prendere Mutu e la Consob lo convocava per chiedergli «scusi, lei che sta facendo? Se tratta un giocatore, deve fare un comunicato».

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