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IL MESSAGGERO Roma senza identità

Zdenek Zeman

(M. Ferretti) – La Roma che oggi parte per Torino, dove domani sera affronterà la Juventus, è una squadra ancora alla ricerca di se stessa. Senza contare Cagliari, quattro partite (tre in casa), cinque punti: un rendimento nettamente al di sotto delle aspettative di tutti, dirigenti, tecnico, squadra e tifosi. La Roma di Zdenek Zeman pur avendo giocato all’Olimpico contro Catania, Bologna e la neo promossa Sampdoria non è mai riuscita a vincere: il dato non va trascurato, anzi va analizzato perché ci sono alcuni fattori negativi che s’erano visti contro il Bologna e che si sono ripetuti contro la Sampdoria, capace di rimontare lo svantaggio e chiudere la partita in parità nonostante l’inferiorità numerica del secondo tempo.

La cosa che si nota con facilità vedendo giocare la Roma di Zeman è che non sembra una squadra di Zeman: sovrapposizioni, tagli, palloni in verticale e ricerca della profondità con il contagocce. Al loro posto una manovra lenta, spesso in orizzontale, elaborata e macchinosa che nulla ha a che vedere con il calcio zemaniano. Un problema di gioco o di giocatori? É la squadra che non ha capito il calcio di Zeman oppure questi giocatori non sono adatti per il calcio del boemo? Lui, Zdenek, non perde occasione (l’ha fatto anche al termine della partita contro la Samp) per ribadire che quello proposto finora dalla Roma non è il suo gioco, rafforzando la sensazione che la squadra sia ancora alla ricerca di una precisa identità. Una delle principali caratteristiche delle squadre zemaniane è la riconoscibilità: le vedi giocare e capisci al volo che dietro c’è la mano del boemo. Se vedi giocare oggi la Roma fai fatica a pensare che sia una squadra di Zeman.
È una Roma che, oltre tutto, dura poco. Dopo Bologna, la Samp: primo tempo con il piede pigiato sull’acceleratore, ripresa con la lingua di fuori. Con conseguente, clamorosa rimonta dell’avversario. Se alla fine della partita con il Bologna Zeman ha detto che c’era stato un difetto di presunzione, mercoledì sera ha parlato di errori sul piano dell’impostazione della manovra, con troppi lanci lunghi e un arrembaggio sconclusionato (una critica a De Rossi, entrato in campo dopo il gol di Munari?). Resta da capire, poi, quale sia la causa del doppio flop atletico, mercoledì nonostante l’uomo in più e il riposo di domenica scorsa per non aver giocato a Cagliari: crollo psicologico legato alle reti degli avversari, quindi gambe che si bloccano e non girano più oppure gambe che non girano perché non ce la fanno a girare? Sta di fatto che la Roma se/quando becca un gol evapora, sparisce dal campo.

Detto della squadra, occorre parlare di alcuni singoli. Piris, acquistato per essere il titolare sulla corsia di destra, è stato solennemente bocciato, al punto che Zeman in quel ruolo ha impiegato Taddei; Destro, in campo sempre con vistosi cerotti sulle cosce, sembra la brutta fotocopia dell’attaccante ammirato a Siena: molle, timido, quasi impaurito e capace di sbagliare anche l’impossibile, troppo brutto per essere vero; Tachtsidis appare ancora acerbo per prendere in mano il centrocampo della Roma; Marquinho va a corrente troppo alternata e Lamela non riesce ancora a essere realmente concreto. Stekelenburg mai come in queste ore deve guardarsi dalla concorrenza di Goicoechea, pallino di Zeman. Domanda:come mai il boemo contro la Samp non ha sfruttato le tre sostituzioni a sua disposizione? Ha fatto entrare solo De Rossi, ha rinunciato ad altri due cambi. Sarebbe triste pensare che si è comportato così perché non si fidava di chi stava in panchina (Romagnoli, Marquinhos, Tallo, Lopez, Perrotta e Piris, oltre a due portieri).

Ieri pomeriggio Zeman ha parlato alla squadra prima dell’allenamento (Destro con il morale sotto i tacchetti) e non sono state carezze per gli errori commessi contro la Samp.

Domani c’è la Juve: il suo avversario sarà la Roma, non Zeman.


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