Quattro giorni di duro lavoro, quattro lunghe giornate di corsa, ripetute, affondi. L’amico pallone visto col contagocce e solamente nelle sgropponate, su e giù, per il rettangolo verde. Non è cambiato mister Zeman: il suo integralismo, come sempre, colpisce tutti gli amanti di un calcio vero, semplice e fatto di poche parole e di tanti fatti. Calciatori stremati da un carico di lavoro degno dei migliori Marines, tifosi entusiasti di vedere, finalmente, una squadra che faccia del sacrificio il suo primo credo.
L’effetto Zeman lascia il segno, ti prende e ti porta lontano, elevandoti a concezioni calcistiche affascinanti, rendendo partecipe un intero movimento che ripone la fiducia in quel saggio uomo che fuma, quanta e più, sigarette al giorno. Se non fosse per lui Riscone di Brunico, in questi giorni, non sarebbe popolata da cosi tanti supporters giallorossi: si proprio per lui, l’uomo tanto odiato al nord e cosi tanto osannato nella capitale, il maestro capace di riaccendere una passione assopita, nelle ultima stagione, da un misero settimo posto e da una gestione molto provinciale del club giallorosso.
Un migliaio i tifosi accorsi in Val Pusteria a riabbracciare Sdengo; famiglie, gruppi organizzati, ragazzi partiti all’ultimo minuto, scappati dal torrido caldo dell’estate romana, e arrivati a Riscone per ammirare “zemanlandia” e per godersi delle fresche giornate tra le montagne. Tutto questo è Zeman, tutta questa è la sua magia: chi ama il boemo, del resto, ama anche il suo essere cosi freddo e cinico, sopporta di prendere due, tre gol a partita, accetta di vedere un ragazzotto di trentacinque anni largo sulla sinistra.
Anche ieri, giorno della prima uscita stagionale contro la rappresentativa locale, il popolo romanista ha voluto far sentire tutta la sua vicinanza alla squadra e al suo tecnico rientrante dopo un lungo esilio. Cori ed incitamenti per Zeman e per il capitano Francesco Totti, bello e tirato più che mai, gli unici ad non esser mai usciti dal cuore dei tifosi giallorossi. Si riparte da loro insomma, come quindici anni fa. Si ricomincia con questo binomio indissolubile che potrà, ma soprattutto dovrà, riportare la Roma, la nostra Roma, ad essere temuta non solo dalle parole ad effetto della “Rivoluzione Culturale“, ma anche sul campo per il suo gioco tutto d’attacco, fatto di grinta, tenacia e voglia di non mollare mai.
Nicolo’ Ballarin
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