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LA REPUBBLICA Dagli spalti solo “buu”, fischi e contestazioni coprono persino i cori

Curva Sud Roma

(M. Pinci) – Chissà dove si erano nascosti i 357 tifosi che avrebbero consentito a un Roma-Napoli mai così modesto di raggiungere almeno i 30mila spettatori.

Non che i presenti ne facciano sentire la mancanza: “Anche se ormai è segnata la vostra sorte, per la nostra maglia canteremo fino alla morte”, lo striscione pulp con cui la Sud accoglie i suoi (ex) eroi. Se qualcuno non avesse capito, il concetto si replica a voce: “Tifiamo solo la maglia”, è il refrain di tutta la partita. Anche dopo il gol di Marquinho, che se non altro scioglie timidi applausi, solo fischi alla squadra, con Totti unica eccezione. Trattamento speciale per Luis Enrique: la sua immagine, proiettata sugli schermi dell’Olimpico, sparisce presto dietro un’ondata di “Buu”. Prima che qualcuno lo veda sparisce in fretta anche quel “Luis Vattene” esposto in Nord, però. Misteri del tifo. Più della battaglia in campo, al pubblico interessa quella con i rivali in trasferta: «Odio Napoli» l’unico coro riferibile. La vendetta la consumano Cavani&c, e i boati ospiti spostano due volte il San Paolo a Roma. Al gol del pari lo show è sugli spalti: invasione “al contrario” di Simplicio, dal prato alla tribuna. In fondo ha passato più tempo lì che in campo. Qualche fila più su Osvaldo – con berretto da Apocalipse Now – prova a strangolare De Rossi, che inveisce a distanza contro Lavezzi. Poi, a fine partita, tutti sotto la curva: «Ma io che devo fa?» sbuffa Totti, tra i fischi dei tifosi. L’allenatore, invece, non lo segue, e la Sud polemica chiede: «Luis Enrique dove sta?». Ancora a Roma. Dicono.

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