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IL ROMANISTA Nel destino di Curci riecco la Viola

Curci

(M. Izzi) Curci andata e ritorno a difesa della porta giallorossa, un viaggio lunghissimo, clamorosamente iniziato in un bellissimo quarto di finale di Coppa Italia vinto ai rigori il 16 marzo 2005 e destinato a breve ad aggiornarsi, sempre contro i viola complice la squalifica (ridicola) di Stekelemburg. Anche in quell’ormai lontano 2005 Curci era arrivato tra i pali come inatteso outsider per l’indisponibilità di Pelizzoli e Zotti.

Nel rivedere i tabellini di quel match si trova un complesso gioco ad incastri tra trapassato remoto (Bruno Conti e Dino Zoff in panchina), passato remoto (Nakata il giapponese che ha conquistato il terzo scudetto e Cejas, il terzo portiere che lo ha indossato), passato prossimo (Pazzini il giocatore “non simpatico” – ragazzi altro non posso scrivere!!! – che ci ha levato il quarto scudetto) e il presente (Perrotta, De Rossi, Totti, Curci e … Chiellini, che erano in campo nella mortificante sfida di domenica). La cronaca della gara vede la Fiorentina vincere per 1-0 e approdare ai calci di rigore contro una Roma che chiude in nove per le espulsioni di Ferrari e De Rossi e che di fatto è in 8 per la presenza folcloristica di un Cassano che passeggia abulico per il campo. Al triplice fischio Bruno Conti è preoccupato, Curci gli si avvicina – sarà lo stesso Bruno a dichiararlo a fine gara – e gli dice: “Tranquillo Mister, ci penso io”.

Tanto ottimismo non sembra essere ricompensato, visto che la giostra dei calci di rigore inizia, neanche a dirlo, in un modo traumatizzante. Parte Jorgensen che piazza una botta a fil di palo. Curci intuisce ma non ci arriva. Il copione prevede subito dopo gattone Cassano che appoggia elegantemente alla sua destra un pallone che viene facilmente neutralizzato. Quando Fantini spiazza il numero 1 della Roma spedendo pallone a destra e portiere a sinistra, portando il punteggio sul 2-0, i titoli di coda sembrano sul punto di planare sul Franchi. Il turno seguente non modifica la situazione. Aquilani fa tutto alla perfezione mentre Riganò fa di tutto per complicarsi la situazione. Parte piano, poi con un abbozzo di finta tenta d’indirizzare all’angolo alla destra di Curci. Gianluca intuisce ma per un soffio non intercetta e ritrovandosi un pugno di mosche tra le mani inveisce di brutto.

E’ in questo momento che Curci vive quello che è forse il momento più bello della sua carriera. Miccoli lentissimo inizia la sua rincorsa, cambia idea due o tre volte sullo stile del suo incedere, quindi cerca di piazzare la battuta, debole, alla sua sinistra. Curci si distende, blocca ed esulta rivolto alla panchina. A suonare la carica ci pensa poi Totti che la butta dentro a modo suo, con una bastonata sotto l’incrocio dei pali. Seguono poi in rapida sequenza la battuta “piazzata” di Chiellini e la botta secca di Cufrè, che scarica la tensione calciando nuovamente in rete la palla che tornava verso di lui. La lunghissima maratona prosegue con il tiro di Donadel, ancora una volta intuito da Curci ma vincente a fil di palo e il sigillo di Perrotta. Infine, ecco l’epilogo: Ujfalusi colpisce il palo, la palla rimbalza sul piede destro di Curci e finalmente si perde a lato. Il colpo di grazia è di Scurto che la mette a destra, con la palla che picchia sul palo ed entra. L’ultima scena vede Curci assieme a Totti e a tutta la squadra (il solo malinconico è Cassano) portare Bruno Conti, all’esordio assoluto come Mister della Roma, a spalla sotto il settore dei tifosi romanisti per raccogliere il meritato trionfo.

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