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LA REPUBBLICA. Roma e Lazio, una sfida capitale

Derby Roma-Lazio

(F. BOCCA) – Si riparte da una scena precisa, come se fosse il secondo atto, o il secondo tempo, di una stessa partita, e cioè dalla corsa e dalla danza di Edy Reja sotto la Curva Nord per festeggiare una vittoria che era la liberazione da una macumba: fino a quel momento infatti la Lazio aveva perso cinque derby consecutivi e quella era la partita della svolta. Una specie di “sliding doors” sul futuro. Se così non fosse stato avremmo assistito a un patatrac biancoceleste e Luis Enrique avrebbe acquistato forse quella patente di mago assai richiesta dai tifosi, più di quella di gran professionista del calcio. Se Klose non l’avesse messa dentro forse adesso saremmo davanti a tutt’altra storia. Anche se alla parola fine non si arriva mai, e il derby in fin dei conti è sempre lo stesso, una partita che continua in eterno.

A Roma esiste una capacità incredibile di riempire lo spazio tra un derby e l’altro con storie eccezionali, da feuilleton o telenovela. Proprio per dare all’avventura di entrambe quel fascino che i risultati, negli ultimi decenni, hanno dato invece molto, troppo poco. Le due squadre hanno vivacizzato la vigilia scatenando terremoti: il caso delle dimissioni fantasma di Edy Reja e il giallo del ritardo di De Rossi, con qualche misterioso risvolto non fosse altro che ci si domanda come sia possibile che in Italia e a Roma un allenatore pretenda addirittura puntualità al minuto.

Sono storie, con risvolti persino un po’ comici se viste dall’esterno — l’allenatore che si rifiuta di prendere l’aereo, il giocatore che prima firma un contratto principesco e poi si ritrova in tribuna — non del tutto superate e che hanno lasciato molte scorie nei rapporti. Reja ha problemi evidenti con Lotito, ma anche un rapporto strettissimo con i giocatori cui ha perfino dovuto chiedere di non correre ad abbracciarlo dopo un gol proprio per dimostrare che il primo interesse è il club e non la persona.[…]

Reja ha un’età (65 anni), una carriera e una saggezza di vecchio marinaio che lo porta a superare i problemi, a girarci intorno, e a mettere a freno un carattere fumantino. Luis Enrique che di anni ne ha 24 in meno, è un incendiario che ancora non ha i mezzi termini e i fondamentali del compromesso. Magari diventerà presto pompiere, ma per adesso è così e basta. E del resto lo ripete continuamente con orgoglio: «Se vi sta bene è così, altrimenti avanti un altro». È stato ingaggiato come un avatar di Guardiola, ma nel rapporto con i giocatori sembra somigliare di più al giovane Mourinho. Negli ultimi due anni la Lazio guarda i rivali dall’alto in basso. Ma la Lazio del terzo posto e dei sette punti in più sulla Roma ha un cruccio, forse anche un pregiudizio. Quello di non riuscire a sfondare, di imporsi come una squadra importante. La Roma tiene sempre banco, o perché vince o perché è in crisi. Si porta via la scena.[…]

A Bergamo la squadra è stata letteralmente presa a schiaffi da una classica squadra italiana che alla fine ha persino dovuto tirare il freno per evitarle l’umiliazione. Il nervosismo, la tensione e lo scarso autocontrollo sono il suo punto debole: sette espulsioni non sono tollerabili per chi si ispira costantemente a correttezza e lealtà. La Roma è giovane (Borini è finito in nazionale), esasperatamente giovane. La Lazio è probabilmente il suo esatto contrario: non ha portabandiera romani così emotivamente coinvolti come Totti e De Rossi, non è una squadra giovane anzi, non è squadra che cerca lo spettacolo ma il risultato. E infatti le dure sconfitte con l’Atletico Madrid e col Palermo stavano per costare la panchina all’allenatore. In compenso ha un tifo più critico, non coinvolto dal progetto, con una frangia sempre pronta alla contestazione, particolarmente verso il presidente Lotito, accusato di aver addirittura indebolito la squadra sull’ultimo mercato.[…]

 

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