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CORRIERE DELLO SPORT. Di Francesco: “Lecce coraggioso ma Zeman è inimitabile”

Eusebio Di Francesco alla prima da allenatore all'Olimpico

(M. Basile/G. D’Ubaldo) – Entra nella sala dei forum e si sofferma a guardare la vetrina con dentro la collezione video del Corriere dello Sport: “I mitici giallorossi”. Un omaggio alla Roma dell’ultimo scudetto. Tutto torna lì perEusebio Di Francesco: Roma. L’ansia dell’attesa.

Di Francesco, ex romanista, lei è già in clima Roma-Lecce«Ci siamo, dopo la vittoria col Cesena stiamo pensando a Roma. E’ importantissima».

Vuole spiegarci perché alla fine il Lecce si salverà? «Il Lecce metterà maggior cattiveria di quella che ha messo all’inizio della stagione. C’è stato l’approccio di alcuni giovani non facile, far capire a dieci giocatori in prestito l’importanza che può avere questo campionato per il loro futuro… beh, penso che potranno fare la differenza».

Lei ha pensato, per caso, al ruolo da allenatore o ci voleva arrivare da sempre? «E’ stato un errore (sorride, ndr) perché guardando gli allenatori, studiando le loro tensioni pensavo che non sarebbe mai successo e invece ci sono cascato con tutte le scarpe. All’inizio avevo fatto il team manager alla Roma e non mi aveva soddisfatto, ho lasciato per depurarmi ma poi il calcio mi è mancato e facendo l’allenatore ho ritrovato quelle sensazioni da calciatore».

Come giocatore lei è stato un buon centrocampista. Da allenatore che tipo di calcio propone? «Di equilibrio, per me è fondamentale averlo in tutte e due le fasi, io sono per un gioco propositivo, non dico offensivo, io credo molto nel cambiamento».

Crede che Luis Enrique abbia più innovazione di lei nel suo dna? «Viene da un Paese diverso, credo che la differenza venga dalle giovanili, dal lavoro che si fa con i ragazzi. Il calcio può migliorare dalle basi, lo devono capire i giornalisti, i genitori, il fatto che le nostre nazionali giovanili non vincano da diverso tempo vuol dire che qualcosaalla base non va bene».

Che effetto le fa vedere Zeman andare bene in una panchina, quella del Pescara, che è stata sua? «A me fa piacere, ma devo dire che Zeman è inimitabile. Mi ha lasciato tantissimo ma non voglio assolutamente imitarlo. Prima abbiamo parlato di equilibrio… ecco, Zeman predilige la fase offensiva pensando di fare un gol più dell’altro, ma quello che più mi è piaciuto sono i valori sportivi che ha trasmesso».

In quella partita col Milan, in cui il suo Lecce è passato dal 3-0 al 3-4, si è sentito un po’ Zeman? «Io, Zeman, sono andato a trovarlo dopo Cesena-Lecce. Gli faccio: mi hanno detto che col Milan ho perso in un modo che neanche lei ci sarebbe riuscito. Lui mi ha risposto (imita la voce del boemo, ndr): ‘allora, non siamo uguali’…».

Come qualità, la Roma è nelle condizioni già quest’anno per lottare per le prime posizioni. «Per lo scudetto no, per puntare in alto sì, anche perché non ci sono squadre che stanno dominando. Spero che la Roma risalga ma non da domenica prossima».

Lei pensa che il Sacchismo, lo Zemanismo possano influenzare negativamente? «Se si vuole copiare in maniera eccessiva sì, bisogna saper prendere spunto da quello che si vede. L’allenatore deve essere soprattutto se stesso. A tanti tecnici che cercano di imitare, il Sacchismo e lo Zemanismo non aiuta. Cinque anni fa Zeman era considerato superato, ora è tornato in voga, sta a significare che non c’è una verità assoluta nel calcio».

Lei ha un giovane molto bravo, Bertolacci: quanto può crescere nel Lecce? «Tra i ragazzi del ‘91 lui è quello che ha qualità tecniche superiori alla media. Quando è arrivato, non si è allenato con grande intensità, ora lavora di più e gioca di più. Si è calato nella mentalità».

Il rapporto tra il Lecce e i tifosi non è idilliaco, sente la missione di riavvicinare la squadra alla gente? «Questo è un obiettivo che mi ero prefissato inizialmente, ma sono i risultati ad avvicinare. Giocare solo bene non basta, bisogna portare a casa risultati importanti».

Per anni Lecce, con il Bari, è stato uno dei grandi vivai del Sud: com’è ora la situazione? «Tutta la base si è fermata, purtroppo negli ultimi anni si è investito solo all’estero e poco nei giovani italiani, spero si possa arrivare a investire qualcosa in più sui giovani e un po’ meno sui contratti dei grandi».

Dopo Zeman, ha avuto come allenatore Capello: le ha lasciato di più o meno rispetto a Zeman? «A livello gestionale mi ha lasciato delle cose importanti: quando arrivò lui, non dico che Trigoria fosse un porto aperto, ma insomma… lui mise una serie di codici che sembravano un segnale di chiusura verso l’esterno. In realtà in quel modo Capello ha trovato compattezza, facendo uscire meno cose possibili. Lui ha avuto la fortuna di avere un gruppo di giocatori molto uniti e questo ha portato la Roma allo scudetto».

Perché considera negativa la sua esperienza da team manager? «Mi hanno trattato bene alla Roma, in effetti, alla fine mi avevano proposto di fare l’allenatore delle giovanili, ma io sentivo di non avere le responsabilità. E il ruolo da allenatore è quello con più responsabilità».

Zero a zero con la Roma, le andrebbe bene? «Sarà una partita difficile… chissà, ci può anche stare».

Il Lecce all’Olimpico… «Evoca cattivi ricordi per i tifosi giallorossi (Roma-Lecce 2-3 dell’86, ndr). Comunque, scherzi a parte non verremo a fare la vittima sacrificale».

Nel suo Lecce ci sono molti giocatori cresciuti nella Roma. Corvia è uno di questi: cosa gli manca per andare in una grande? «La cattiveria sotto porta. Tutti i gol che abbiamo fatto non sono dei nostri attaccanti. Spero che in area i miei ragazzi, a cominciare da Corvia, diventino più cattivi».

Intanto, adesso affronterà la Roma: Luis Enrique è un allenatore che punta a mettere un giocatore in più a centrocampo, rischiando molto in difesa. Come si affronta una squadra così? «Facendo molta densità in mezzo al campo, cercando di alzare i terzini. La cosa da evitare sarà far partire i loro terzini, che già partono alti».

Quasi da non sembrare terzini«Sì, in un certo senso…».

Tra i giovani della Roma, c’è qualcuno che le sembra interessante? «Mi piace molto Lamela, anche il terzino sinistro, José Angel, mi ha lasciato un’ottima impressione. Con la tipologia del gioco di Luis Enrique può sembrare più un’ala, in effetti. Il punto è che se li fai giocare troppo, loro ti portano a giocare tutta la partita dentro la nostra area… allora devi evitare di farti schiacciare».

Totti dovrebbe rientrare… «Lasciamo che recuperi con calma e giochi la prossima partita, con la Juve».

Questo vuol dire che a 35 anni Totti anche per lei è ancora importante. «A quattro occhi dico sempre ai miei ragazzi, per me è un grande giocatore, glielo dirò in settimana».

Anche lei, come Montella, è convinto che Totti non farà mai il tecnico, perché è timido? «Condivido, credo che lui abbia più voglia di avere un ruolo da dirigente, ma continuerà a curare il suo corpo. Io vado in bici, ora un po’ meno, non come Guidolin, lui fa lo Zoncolan, però… io da 6 a 10 anni ho fatto il ciclista, ho anche le coppe, poi arrivò il mio allenatore e mi disse o fai il giocatore o il ciclista, meno male che scelsi quello giusto».

Rimpianti da calciatore? Ha avuto meno di quello che meritato? «No, ho ottenuto ciò che meritavo… Forse, a pensarci bene, è non aver giocato gli Europei, dopo aver giocato tutte le gare di qualificazione. Con Capello io facevo l’esterno alto a sinistra, non feci una grande annata, con Zoff in Nazionale persi il posto. In azzurro, in fondo, ci arrivai da giocatore del Piacenza, ci tengo perché è un motivo d’orgoglio».

Lei si chiama Eusebio in onore di… «Mio padre era innamorato della “Perla Nera”. Io, in realtà, ho un doppio nome: Eusebio Luca. Mia madre avrebbe voluto chiamarmi Luca, mio padre disse all’anagrafe prima Eusebio»

L’ha mai conosciuto di persona? «L’ho conosciuto in un torneo di calcetto in Spagna, mi feci la foto con il grande Eusebio e l’ho persa: mio padre non me l’ha mai perdonato».

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